L'editoriale

Ora al PLR servirebbe una figura unificante

Il compito che attende il successore di Thierry Burkart è arduo e uno dei temi più rilevanti all’orizzonte, l’accordo con l’UE, è un serio fattore di divisione interna
Giovanni Galli
06.06.2025 06:00

Da ieri è ufficialmente iniziata la ricerca del nuovo presidente del PLR svizzero. Con la partenza di Thierry Burkart, i liberali devono trovare una figura che sappia rilanciare il partito, in vista del prossimo, cruciale, appuntamento elettorale del 2027. Per il successore la sfida è enorme e il contesto difficile. «Al PLR manca una personalità eminente e inclusiva che possa riunire il partito e tenerlo insieme» aveva dichiarato il politologo Claude Longchamp alla NZZ a fine marzo, commentando gli scarsi risultati elettorali.

Chiamato al vertice del PLR nel 2021 per succedere alla dimissionaria Petra Gössi, Burkart ha dato al partito un chiaro profilo di centrodestra, ha stretto le viti sul tema dell’asilo e ha corretto la linea in materia climatica. In tempi più recenti ha anche attaccato la scuola inclusiva e cambiato il tono della comunicazione, ricorrendo a un linguaggio più diretto e assertivo. Ma i riscontri nelle urne non ci sono stati. Alle ultime elezioni federali, i liberali hanno ottenuto il peggior risultato di sempre, conservando per un soffio il vantaggio sul Centro, decisivo nella contesa fra i due partiti storici sui seggi in Governo. Il partito ha poi perso terreno in otto delle dieci elezioni cantonali seguite al rinnovo delle Camere; mentre l’UDC ha fatto registrare altri passi avanti, riuscendo a strappargli un seggio governativo nella roccaforte di Soletta.

Il compito che attende il successore di Burkart è arduo a prescindere, perché assumere la guida del PLR significa nuotare controcorrente. Dalla metà degli anni Novanta, i consensi sono regolarmente diminuiti. Nel 1995, il partito aveva ancora più del 20% dei voti (Consiglio nazionale). Nel 2023 ha toccato il minimo storico con il 14,3%. Il trend decrescente è stato continuo, tranne un «rimbalzo» nel 2015, quando sotto la presidenza di Philipp Müller il risultato è migliorato di 1,3 punti rispetto a quattro anni prima, attestandosi al 16,4%. Le ragioni sono molteplici. I principi liberali faticano ad attecchire in un contesto di forte polarizzazione destra-sinistra, fra discorsi antiimmigrazione e la progressiva affermazione di una mentalità interventista, che delega allo Stato il compito di soddisfare un numero crescente di bisogni.

Ma il PLR, anche sotto la presidenza Burkart, ha pagato lo scotto per la vicinanza al mondo economico e finanziario, considerato – basta passare in rassegna le varie votazioni popolari – in modo sempre più critico dall’elettorato. Al momento dell’ultimo avvicendamento alla presidenza, il barometro elettorale della SSR dava il partito al 13,6%. Nel giro di un anno, nell’autunno del 2022, i consensi erano saliti sopra il 16%. La vicenda Credit Suisse ha sicuramente danneggiato l’immagine del partito, che dodici mesi dopo si è visto recapitare una fattura salata alle elezioni. Il momento è estremamente delicato perché il PLR, incalzato dal Centro, non si può più permettere passi falsi e il benché minimo cedimento elettorale.

Si assisterà a una prosecuzione della linea Burkart, giudicata dai critici troppo vicina all’UDC? O a una sintesi fra il corso attuale e alcune istanze dell’ala progressista? Si vedrà. La priorità in questo momento è un’altra. Il PLR dovrebbe trovare una figura unificante, capace di integrare le diverse correnti e anche di dare al partito un chiaro marchio distintivo. L’agenda politica, però, rischia di complicare le cose, perché uno dei temi più rilevanti all’orizzonte, l’accordo con l’UE, è un serio fattore di divisione interna. Divergenze sono già emerse fra i due consiglieri federali liberali sul tipo di referendum a cui sottoporre il trattato. Sul merito il partito non si è ancora espresso – Burkart ha abilmente aggirato l’ostacolo – ma il nodo arriverà presto al pettine. Il PLR dovrebbe prendere posizione in ottobre, il giorno stesso del rinnovo della presidenza. Per la nuova guida del partito la questione europea sarà un primo grosso banco di prova.