Sempre nebbia per pagare la 13. AVS

Una soluzione sul finanziamento della 13. AVS è ancora lontana. La nuova mensilità, che sarà versata per la prima volta nel mese di dicembre del 2026, avrà un costo iniziale di quasi 4,2 miliardi di franchi. Il Consiglio federale ha proposto un aumento temporaneo dell’IVA di 0,7 punti (dall’attuale 8,1% all’8,8%), in attesa della prossima grande riforma che dovrebbe stabilizzare il primo pilastro a partire dal 2030. Fra i partiti, però, continuano a sussistere forti divergenze, sia sulla natura delle misure sia sull’opportunità di adottare subito provvedimenti destinati a coprire solo la nuova prestazione.
L’unica cosa certa è che, in mancanza di alternative, per finanziare inizialmente la 13. AVS si dovrà ricorrere al Fondo di compensazione, il portafoglio del primo pilastro. In Parlamento, intanto, la partita sta entrando nel vivo. Il mese scorso, il Consiglio degli Stati ha fatto un’operazione senza precedenti, mettendo a punto un mega piano di finanziamento valido sia per la 13. AVS sia nell’eventualità della soppressione del tetto massimo delle rendite dei coniugi, come chiede un’iniziativa popolare del Centro. IVA e contributi salariali verrebbero aumentati in due fasi per raggiungere, a regime (nel 2035), un importo di 8-9 miliardi di franchi all’anno. C’era quindi attesa, ieri, per la riunione della Commissione della sicurezza sociale del Nazionale, dove i rapporti di forza politici sono diversi rispetto alla Camera dei Cantoni, nella quale Centro e sinistra uniti hanno la maggioranza. La commissione, tuttavia, si è limitata ad entrare in materia sulla richiesta del Governo di aumentare l’IVA. Il progetto del Consiglio degli Stati sarà esaminato solo in agosto, ma visti gli schieramenti rischia di cadere. Il mega pacchetto, in effetti, è eccessivo e costituisce una fuga in avanti, anche perché l’iniziativa del Centro non è ancora stata esaminata dal Parlamento. La Camera dei Cantoni ha cercato di preparare il terreno per un’ulteriore espansione del primo pilastro, in un periodo di per sé già difficile a causa dei condizionamenti dell’evoluzione demografica. L’idea è di alzare subito l’IVA di 0,5 punti e poi aumentare i prelievi sui salari. Un ulteriore aumento dell’IVA di mezzo punto (quindi dall’8,6% al 9,1%) entrerebbe in vigore se un domani venisse accolta l’iniziativa del Centro. Inoltre, gli Stati vogliono autorizzare il fondo di compensazione dell’AVS a coprire unicamente l’80 % delle spese annuali, invece del 100% attuale. Se il fondo dovesse scendere al di sotto di questa soglia critica, entrerebbe in vigore un secondo aumento dei contributi salariali di 0,4 punti percentuali. Questa operazione di ampia portata andrebbe a carico sia dei consumatori (e quindi anche dei pensionati) sia della popolazione attiva, che si vedrebbe diminuire il reddito disponibile. Ma ad essere chiamato alla cassa sarebbe soprattutto il ceto medio, tramite una riduzione del potere d’acquisto e in particolare i giovani, attraverso maggiori prelievi per tutta la durata della loro vita professionale.
L’aumento dei contributi farà rincarare anche il costo del lavoro; un maggior onere che limita la competitività delle imprese e che in seconda battuta rischia anche di ripercuotersi sui dipendenti stessi. La «NZZ» ha stimato che nel 2035, fra IVA e contributi, gli attivi potrebbero pagare in media 1.350 franchi all’anno in più (compresa la quota dei datori di lavoro) per finanziare i pensionati; mentre questi ultimi, pur dovendo pagare 550 franchi supplementari di IVA riceverebbero 3 mila franchi di maggiori prestazioni. D’altra parte, questa inusuale anticipazione da parte degli Stati ha reso un favore allo stesso Consiglio federale, perché affronta con misure concrete la questione del futuro finanziamento dell’AVS. Pur opponendosi all’abolizione del tetto massimo per i coniugi (il costo iniziale stimato sfiora i 4 miliardi di franchi), il Governo intende seguire lo stesso schema, con un piano di stabilizzazione dell’AVS per il prossimo decennio basato solo sulle fonti esistenti, vale a dire IVA e contributi. Alternative o complementi di natura strutturale, che considerino anche l’aspetto dell’equità intergenerazionale, sotto forma di un aumento dell’età pensionabile (senza gli automatismi del progetto nettamente bocciato l’anno scorso in votazione popolare), sono già stati scartati; a quanto pare, senza sollevare particolari obiezioni da parte della componente borghese del Governo. La situazione è quindi tutt’altro che ideale: per la presenza di impegni concreti (13. AVS) e possibili (pensioni dei coniugi) che si aggiungono ai già importanti fattori demografici; per il quadro politico diviso, con Centro e sinistra che propongono soluzioni unilaterali e il centrodestra (PLR e UDC) unito nel dire no, ma non altrettanto nel costruire alternative; per una disponibilità molto bassa al compromesso che frena la capacità di trovare soluzioni condivise, senza le quali non si potrà trovare nemmeno l’indispensabile sostegno popolare. Il finanziamento dell’AVS darà ancora parecchio filo da torcere.