L'editoriale

Strade, coerenza e azioni contromano

Il dilemma dei trasporti e la realtà dei fatti: strada e ferrovia non sono in concorrenza – Anche i generi alimentari per vegetariani e vegani viaggiano sulla strada
Gianni Righinetti
13.05.2024 06:00

Parti da casa e sai già che ti attenderà un percorso ad ostacoli, poco importa che tu ti stia dirigendo dove ti conduce la quotidianità dei giorni feriali, che tu abbia deciso di concederti un po’ di shopping o che tu stia partendo per un week end lungo o per uno stacco di una settimana o oltre. L’incubo è sempre lo stesso: il traffico e le colonne. Ci siamo lasciati alle spalle il primo week end di ponte, altri ne seguiranno, poi arriverà l’estate. Oggi abbiamo una sola certezza: il tunnel autostradale del San Gottardo è, e rimane, un calvario garantito. Non ci sono più giorni di esodo o di controesodo, ma le due ondate si mischiano generando anche concomitanti colonne ai portali. Intanto, come voluto dal popolo, si sta scavando il secondo tunnel che, come dettato in sede di compromesso politico, non potrà condurre ad un aumento della capacità, ma garantirà almeno maggiore sicurezza scongiurando l’incrocio da brivido che si perpetua dal 1980, da quando è stato inaugurato il tunnel autostradale bidirezionale a una sola canna. Quell’opera ci regalerà una sicurezza oggi sconosciuta, ma il San Gottardo resterà un imbuto. Come d’altronde lo è l’A2 nel suo tratto sottocenerino, un po’ per la morfologia di quella via, ma soprattutto per la dogana e il budello di strade e tunnel che danno il “benvenuto” in Italia. D’altronde chi sogna una soluzione globale culla solo illusioni che si scontrano con la realtà. Neppure l’UE è riuscita ad elaborare un concetto viario tra i suoi Stati, immaginiamoci quindi che potere potrebbe avere la Svizzera nel centro fisico dell’Europa, ma troppo spesso in balìa degli interessi altrui e condannata a fungere da corridoio di transito sempre più gettonato all’irrisorio costo, per le auto, di 40 franchi per 12 mesi. Svizzera che, come emerge dall’approfondimento che pubblichiamo a pagina 3, deve subire la disorganizzazione dei lavori stradali e ferroviari lungo tratte alternative in altri Stati e non ha il coraggio e la forza di farsi sentire, di farsi valere. Insomma, dura lex,sed lex. Ma si tratta della legge degli altri che ha ripercussioni su noi svizzeri, e su noi ticinesi in particolare. È vero che l’A2 ci porta turismo, ma quanto transita, o che al massimo applica la regola del “mordi e fuggi”, è ben maggiore di quello che si ferma e lascia traccia, lascia indotto a beneficio degli attori del territorio e, indirettamente, del Ticino tutto.

La ferrovia rimane una splendida realtà, in particolare dalla metà del 2016 quando è stata inaugurata la galleria di base del San Gottardo, ma oggi questo fiore all’occhiello dei trasporti sull’asse Nord-Sud è da troppi mesi in avaria e chi opta per il treno si sobbarca un’ora in più (se va tutto bene). Le FFS si limitano a dire che i lavori dopo l’incidente che ha causato ingenti danni “procedono come da programma”. Speriamo che l’alta velocità sotto il massiccio alpino possa riprendere a funzionare entro settembre.

Volenti o nolenti l’auto e le strade restano e resteranno dunque essenziali nella nostra realtà e per la nostra quotidianità. Strada e ferrovia sono complementari, metterle in contrapposizione non ha alcun senso. Tra qualche mese poi saremo chiamati a votare il referendum promosso dall’Associazione traffico e ambiente con il sostegno di altre organizzazioni ecologiste, con il quale si vuole abbattere la dotazione finanziaria decisa da Berna per il potenziamento delle strade nazionali, comprese alcune tratte autostradali. Aumenta la popolazione, cresce la mobilità e non si può più stare al palo con le strutture, anche quelle stradali, ponendo di fatto anacronistici paletti che sanno di moratoria. Sembra logico, ma pare non essere per tutti così. Poco male, evviva il confronto democratico, a patto che questa votazione sia l’occasione per generare qualcosa di utile, per ragionare e non solo esprimere il dogmatismo del “meno strade” per lavarsi la coscienza. Dire no a quella proposta suona come una manovra in contromano e sprovvista della minima coerenza. La strada è essenziale per i nostri spostamenti e sulla strada (come pure sulla ferrovia) circolano le merci che finiscono nelle nostre case, come pure i generi alimentari che troviamo poi nel nostro piatto. Anche il cibo per ecologisti, vegetariani o vegani si trasporta alla stessa maniera e non tramite un fantascientifico teletrasporto. Certamente gli attivisti per il clima che si sdraiano e si incollano sulle strade per impedire il transito (scena ormai trita e ritrita che si è ripetuta al San Gottardo nel lungo ponte alle spalle), non sono dotati di poteri soprannaturali e, come noi comuni mortali, non possono sfuggire alla realtà dei fatti. Ma capiamo che ammetterlo è alquanto dura. E se non riescono a spiegarlo loro i danneggiati (ecologisti seri, responsabili e non invasati che perdono consensi e rappresentanza nelle Istituzioni politiche), non resta che fare affidamento sull’espressione democratica delle urne.