L'editoriale

Su Putin l'ombra pesante di Stalin

Kiev accusa Mosca di aver portato via 400 mila tonnellate di grano dai territori occupati – Se è così, la Russia violerebbe l’Articolo XXV dello Statuto di Roma del Tribunale Penale Internazionale
Gerardo Morina
Gerardo Morina
09.05.2022 06:00

C’è uno spettro tutt’altro che remoto che viene impiegato dai russi come arma da guerra per piegare i nemici ucraini. Si tratta del grano che rimane chiuso nei silos o che addirittura, come vogliono alcune voci, viene prelevato (razziato)con la forza dalle truppe di Mosca e inviato in patria. Per questo, l’ONU ha chiesto la creazione di un corridoio marittimo per le esportazioni agricole dall’Ucraina. Mosca ha risposto con incursioni missilistiche su Odessa, il principale porto commerciale del Mar Nero. La confisca del grano ucraino da parte russa ha un doppio risvolto: internazionale e nazionale. Secondo il PAM, il Programma Alimentare Mondiale, i silos sono pieni, e così l’inedia attende 44 milioni di persone al mondo. A Odessa, fa sapere a sua volta l’ONU, sono ammassate montagne di grano che rischiano di andare sprecate. Ingente, inoltre, l’effetto della guerra sui raccolti. Secondo diverse fonti, la semina del grano sarebbe già stata completata in diverse zone dell’Ucraina, ma è già possibile supporre che il totale del raccolto ammonti al massimo alla metà di quello dell’anno scorso. Un crollo nella produzione che non porterà solo alla crisi alimentare per gli acquirenti internazionali dei cereali ucraini, ma in particolare della popolazione, costretta a subire non solo il disastro infrastrutturale che blocca i trasporti, ma anche la morte di molti individui, la distruzione dei terreni e delle aziende e l’impossibilità di tornare al lavoro. L’Ucraina è infatti uno dei principali produttori mondiali di cereali, e dalle sue forniture dipendono gli approvvigionamenti di numerosi Paesi in via di sviluppo in Africa e Medio Oriente i quali, come hanno avvertito l’ONU e altre organizzazioni internazionali, rischiano una grave penuria alimentare a causa del prolungarsi del conflitto con Mosca. Kiev nei giorni scorsi ha accusato Mosca di aver portato via ben 400 mila tonnellate di grano dai territori occupati. Se è così, la Russia violerebbe l’Articolo XXV dello Statuto di Roma del Tribunale Penale Internazionale che dice: «Affamare i civili come strumento di guerra privandoli di generi indispensabili alla loro sopravvivenza, ivi compreso il volontario impedimento di organizzare i rifornimenti di generi di conforto, va contro le Convenzioni di Ginevra». Nulla di nuovo sotto il sole, d’altra parte, dal momento che Niccolò Machiavelli già scriveva nel XVI secolo: «Meglio è vincere il nemico con la fame che col ferro, nella vittoria del quale può molto più la fortuna che la virtù».

Né ebbero tali scrupoli Lenin e Stalin che litigarono a morte su che natura dovesse avere l’Ucraina: applicando metodicamente la strategia della fame, Stalin ne volle fare uno Stato schiavo e quando ebbe bisogno delle risorse naturali dell’Ucraina tra il 1929 e il 1931, provocò una carestia immane, l’“Holodomor”, che causò milioni e milioni di morti. Una carestia punitiva volta a piegare i fenomeni di ribellione che si intravvedevano in Ucraina. Una sciagura così grande che la si ricorda ancora oggi in novembre ( la commemora ufficialmente persino il Canada, che conta la più vasta comunità ucraina della diaspora mondiale). Stalin aveva deciso di collettivizzare molte aree agricole dell’Unione sovietica, a partire dal “granaio d’Europa”. Gli ucraini si opposero. I kulaki, che erano i piccoli proprietari terrieri, opposero resistenza. Meglio uccidere il bestiame che darlo ai kolchoz (le aziende agrarie collettive sovietiche), pensarono. La repressione fu brutale. Vennero messi in atto requisizioni e sequestri di cibarie e di interi magazzini di grano. Alla fine tutto andò ai russi, a dimostrazione che anche qualora la natura si dimostra improvvida nel provocare una carestia, l’intervento dell’uomo può renderla ancora più malaugurata.