L'editoriale

Sul clima una presa di coscienza dei cittadini

Ora si apre un nuovo capitolo e nei prossimi anni potremo toccare con mano il risultato di questo voto che non è – precisiamolo – un voto epocale e di rottura, o di adesione passiva e dogmatica a certe narrazioni apocalittiche sul clima
Paride Pelli
18.06.2023 19:45

L’esito della votazione non era per nulla scontato. Alcuni sondaggi, il mese scorso, registravano un lieve vantaggio del «sì», ma le incognite restavano molte e nell’aria pesava, fino a poche ore fa, il ricordo della bocciatura alle urne, due anni or sono, della revisione sulla Legge sul CO2. Si temeva anche che certe deprecabili azioni degli eco-attivisti avessero generato nella popolazione una disaffezione o un rigetto del tema. Invece questa volta il popolo svizzero ha accettato il controprogetto all’Iniziativa per i ghiacciai, lanciando un segnale importante. Anche il popolo ticinese non si è tirato indietro: nel nostro cantone il controprogetto a favore del clima ha raccolto il 54,8% di sì», nella Confederazione addirittura il 59,1%. Le premesse per un simile risultato erano buone. Lo stesso comitato che aveva lanciato l’Iniziativa l’aveva poi ritirata (in modo condizionato) proprio perché davvero convinto dal controprogetto indiretto tanto che, negli ultimi tempi, si era speso sui suoi siti web affinché la Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica (LOCli) venisse accolta dalla popolazione. E così è stato anche a livello politico, con le forze di centro allineate alla sinistra e con la sola UDC a osteggiare la proposta.

Ora si apre un nuovo capitolo e nei prossimi anni potremo toccare con mano il risultato di questo voto che non è – precisiamolo – un voto epocale e di rottura, o di adesione passiva e dogmatica a certe narrazioni apocalittiche sul clima, ma un pacato prendere consapevolezza che qualcosa va fatto. La tabella di marcia è tracciata dalla Legge appena approvata: rispetto al 1990 le emissioni di gas serra saranno ridotte in Svizzera, in media, nel periodo 2031-2040, almeno del 64 per cento; entro il 2040, del 75 per cento e nel periodo nel periodo 2041-2050, almeno dell’89 per cento. Obiettivi intermedi ambiziosi, certamente, ma, a differenza di altri progetti sul clima, molto concreti e, quel che più importa, poco dispendiosi per le tasche dei cittadini. Su queste pagine abbiamo sempre ribadito, infatti, che erano necessari buon senso, pragmatismo e (tanti) investimenti, come i 200 milioni di franchi all’anno che serviranno a sostenere la sostituzione dei vecchi riscaldamenti (a olio e a gas), responsabili di circa un quarto delle emissioni di gas serra e del consumo – nel caso di quelli elettrici per i quali vi saranno incentivi per passare a sistemi più efficienti – di molta energia nel periodo invernale. Il «sì» scaturito dalle urne oggi responsabilizza dunque le istituzioni, le imprese e i cittadini. Poco importa se la Svizzera pesa appena lo 0,1% delle emissioni globali di CO2 e non sarà il suo virtuosismo a migliorare la situazione complessiva del pianeta: intanto, però, abbiamo capito e abbiamo fatto capire che un problema reale c’è, e va affrontato.

Rimanere ancorati a logiche antiquate e a sistemi di consumo obsoleti soltanto perché Paesi più grandi non si muovono o lo fanno con tempi da tartaruga (si tratta di una lentezza non di rado «interessata») sarebbe stato deleterio: la Svizzera, in virtù della sua storia, deve sempre cercare di dare l’esempio, di risultare un modello anche in periodi complicati e difficili come quello che stiamo attraversando. E se non dovessimo riuscire a imporci come modello, avremo comunque un’aria più pulita. Non è poco. Il «sì» di oggi non è dunque un «tutto e subito», ma piuttosto un progetto da portare avanti senza isterie, senza nuovi balzelli e divieti. Un progetto, insomma, «liberale», che non andrà a mettere le mani nelle tasche dei cittadini in una fase della nostra esistenza dove l’esplosione dei costi, la stagnazione dei salari e il conseguente potere d’acquisto diminuito turbano i sonni di non poche persone.

Dalle parole si passa ora ai fatti, a cui verrà dato seguito nei tempi e nei modi corretti, investendo il denaro pubblico per una causa fondata e ragionevole, anche agli occhi dei più scettici: prevenire è meglio che curare – ça va sans dire – e la Svizzera si può ritenere orgogliosa di aver dato un piccolo, grande segnale, dimostrando di voler comunque attivarsi in questa direzione anche dopo la bocciatura – a posteriori non così insensata – della revisione sulla Legge sul CO2, che non teneva conto di alcuni aspetti che invece il controprogetto accolto oggi ha saputo rivedere e correggere. La Svizzera ha fatto il primo passo, ora tocca agli altri, soprattutto a coloro – Cina in primis – che sembrano giocare a nascondino e vivere il presente come se non ci fosse un futuro, almeno per quello che riguarda il clima.

In questo articolo: