L'editoriale

Un raggio di sole in attesa di domani

Il vote-day ha mostrato un Ticino che pende tra destra e centrodestra con l’UDC che ha mancato per poco l’en-plein, ma che sulla Cassa pensioni vedeva un forte fronte politico compatto
Gianni Righinetti
10.06.2024 06:00

Uno schiaffo alla Cittadella della giustizia priva di un piano b, una batosta per i rossoverdi che sul dogma del no agli sgravi fiscali intendevano costruire il loro presente e l’immediato futuro e una vittoria al fotofinish per le misure di compensazione in materia pensionistica per gli statali che ha dato sostanza democratica alle manifestazioni di piazza. Il vote-day ha mostrato un Ticino che pende tra destra e centrodestra con l’UDC che ha mancato per poco l’en-plein, ma che sulla Cassa pensioni vedeva un forte fronte politico compatto. Visto questo schieramento il risultato alle urne non è di certo di quelli che inducono a parlare di una grandiosa vittoria. Il sì a livello di pensioni ha il pregio di portare un raggio di sole su un tema che aveva già diviso dieci anni fa e che tornerà ancora sul tavolo della politica. Si procede a suon di cerotti, ma la cura, volenti o nolenti, non potrà che passare da scelte dolorose e radicali. Partiamo dal risultato più chiaro e insindacabile: la vittoria pesante, in materia di fiscalità. Un tema da sempre capace di catalizzare l’attenzione e il dibattito, tra esagerazioni che si trasformano in veri e propri boomerang. Fino alla noia i compagni del PS e i loro più stretti sostenitori ci hanno martellato con la storiella del regalo ai ricchi, per tentare di screditare lo sgravio a vantaggio degli alti redditi, minimizzando o chiudendo gli occhi di fronte all’effetto concreto e sciagurato di un ipotetico no al pacchetto: l’aumento delle imposte per tutti. Insomma, il popolo ha detto che chi è benestante e contribuisce al benessere collettivo, non è un pollo da spennare oltremodo. Con questi contribuenti non si gioca alla lotteria. Chi è aiutato e riconosciuto pensa positivo, chi si trova vessato e spremuto si può chiedere: «chi me lo fa fare?». È vero che si tratta di pochi franchi di vantaggio che non mutano la sostanza di queste persone, ma l’effetto psicologico dell’attenzione, dell’apprezzamento e della gratitudine che è stato dato con questo sì, produrrà a cascata benefici moltiplicati per le casse statali. Sinistra che, una volta ancora, è caduta nel tranello di quella che è una sacrosanta bugia: gli sgravi non svuotano le casse pubbliche. Vale la pena ripeterlo: prima di ridistribuire, occorre generare. Sembra banale, ma spesso lo si dimentica nell’era dell’onda dei diritti garantiti con pochi doveri. Sinistra che dovrà trarne le logiche conseguenze. Ma dubitiamo che un domani non scivoleranno più su questa buccia di banana quando si tornerà a parlare di fiscalità. Ben vengano questi sgravi, un pacchetto che interviene in diversi ambiti, tutti meritevoli di attenzione e che considera i cittadini in diverse fasi della loro vita. Il sì rasserena il cielo sul fronte fiscale e fa dire che questo capitolo non va chiuso: un no lo avrebbe rabbuiato, complicando i prossimi passi ai quali sarà chiamata la politica. In primis in vista dei conti del prossimo anno. La fiscalità e la gestione delle casse pubbliche non sono temi che vanno a braccetto, ma un’opposizione popolare al pacchetto avrebbe ingarbugliato tremendamente il futuro, galvanizzando la sinistra in vista dell’autunno. Non dimentichiamo che con questo voto gli elettori ci hanno pure detto che, di aggravi fiscali, non se ne parla. PS che, sarà chiamato una volta ancora a sondare «e capire perché il messaggio non sia passato». Una domanda, riferita alla fiscalità, indelebilmente scritta tra gli appunti dei compagni che sabato hanno confermato la coppia Laura Riget e Fabrizio Sirica alla co-presidenza del PS. Un mandato bis che non riparte certo sotto una brillante stella.

Forte e chiaro è passato il no all’acquisto dello stabile EFG per la Cittadella della giustizia. È stata un’autentica asfaltata per il palazzo di lusso in centro a Lugano. Il Ticino è sostanzialmente una macchia rossa e i motivi sono presto detti: era molto più facile dire no che dire sì a questo oggetto e la campagna ha dimostrato che la Città Ticino esiste solo nelle buone intenzioni, non nei fatti democratici per i quali queste votazioni generano un clima da derby, accentuato dalla componente economica, importante. I milioni in ballo erano parecchi, come lo sono sempre per progetti lungimiranti: l’impressione è che se da una parte tutti hanno messo l’accento sull’investimento, a fare la sua parte è stato l’impatto di quel sontuoso palazzo che, dopo questo fallimento potrebbe essere destinato a restare così, subendo l’erosione del tempo che scorre inesorabile. Poi va riconosciuto che questo progetto non era nato sotto la più promettente stella e che la gestazione biblica all’insegna dell’inconcludenza che ha segnato il percorso per la ricerca di soluzioni (purtroppo una sola) logistiche ha fatto ricadere il tutto in una ridondanza sfociata in un miserabile fallimento. Per tutti. E quando si dice tutti, sono proprio tutti: il Governo, la Sezione della logistica, il Dipartimento delle istituzioni e il suo capo dal 2011 Norman Gobbi, ma pure il Parlamento. E mettiamoci anche i vincitori di oggi, molti risvegliatisi solo per dire no. Cosa accadrà? Difficile immaginarlo, ma si torna ai piedi della scala. Insomma, per un po’, cara Giustizia, scordati una sede decorosa.

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