L'editoriale

Una scelta da non sbagliare per la SSR

Sabato prossimo si terrà il voto per designare il successore di Gilles Marchand alla direzione generale della SSR e c’è molta attesa intorno a questa nomina
Paride Pelli
23.05.2024 06:00

Sabato prossimo si terrà il voto per designare il successore di Gilles Marchand alla direzione generale della SSR. C’è molta attesa intorno a questa nomina, perché è uno di quei rari casi in cui non è permesso sbagliare. Il successore di Marchand, infatti, sarà l’uomo – o la donna – che dovrà fronteggiare nei prossimi anni la grande sfida dell’iniziativa «200 franchi bastano!» e di tutte quelle controproposte che continueranno a susseguirsi, ne siamo abbastanza certi, fino a poco prima delle urne, previste per il 2026 e suscettibili di slittare ancora più in là. Considerando che a questo giro la battaglia per la riduzione del canone radiotelevisivo è più agguerrita e più acuminata, e per alcuni più insidiosa, che ai tempi della No Billag, il prossimo direttore generale dovrà inevitabilmente avere caratteristiche, ci permettiamo l’aggettivo, napoleoniche. Dovrà essere non solo un condottiero di prim’ordine, ma avere anche uno spessore politico capace di traghettare la radiotelevisione pubblica attraverso due o tre anni di sicura tempesta e magari, alla fine, dopo le urne, ricondurla in porto sana e salva, o comunque poco ammaccata. Molto dipenderà dunque dalla personalità del direttore generale e dalle sue relazioni innanzitutto con la politica. Per queste ragioni la scelta del successore di Marchand è impervia: tradizionalmente, la cultura manageriale elvetica tende a evitare la scelta dell’«uomo forte», preferendogli una collegialità che in passato ha sempre dato buoni, se non ottimi frutti. Ma i tempi sono cambiati. Non servono «dittatori», ma personalità crossover, capaci di lavorare dentro e fuori la struttura aziendale, e con un grande potere di convincimento e persuasione, certamente sì.

Lo si evince dalle riflessioni rilasciate da Armin Walpen, ex direttore generale della SSR dal 1996 al 2010, in una recente intervista al SonntagsBlick. Senza troppi giri di parole, Walpen aveva auspicato l’arrivo al vertice della radiotelevisione pubblica di «una personalità politica di spicco, che crei il consenso in grado di salvare l’azienda, un peso massimo che prenda sul serio il dialogo e le critiche, tenendovi testa: qualcuno che resista agli attacchi e che vi si opponga». Per Walpen, il successore di Marchand dovrebbe essere un pezzo forte addirittura dell’UDC (difficile per non dire impossibile) o del PLR, comunque qualcuno in grado di tessere «una rete politica sul versante istituzionale, dal momento che è in gioco la vita stessa della SSR». Walpen aveva poi rintuzzato l’obiezione dell’intervistatore sulle competenze: «Conoscere la radio e la televisione non è una questione centrale. I politici intelligenti imparano in fretta». Le posizioni dell’ex direttore generale, lette nuovamente oggi, sono condivisibili: un «tecnico» per quanto geniale, per quanto aiutato internamente dal suo team e da tutti i dipendenti, non avrebbe gli strumenti per contrastare una iniziativa che, insieme alla proposta di riduzione del canone, mette in discussione anche il servizio pubblico così come oggi è fornito ai cittadini, la struttura stessa dell’azienda pubblica e, non da ultimo, il pluralismo dell’informazione.

L’iniziativa di fatto, l’abbiamo già segnalato su queste colonne, coinvolge anche 38 emittenti radiotelevisive regionali e proprio per questo non può ridursi a un referendum sulla sola SSR. Certo, «200 franchi bastano!» è una iniziativa estrema, indirizzata a un’azienda pubblica specifica, che comprensibilmente la vede come un iceberg da aggirare il prima possibile. L’uomo o la donna «forte» che sabato verrà eletto alla guida della SSR prenderà tuttavia su di sé un impegno non solo verso la radiotelevisione pubblica, ça va sans dire, ma verso la democrazia elvetica così come la conosciamo e viviamo.