Uno sguardo oltre la neve e oltre i crediti

Mettere in discussione la concessione del credito quadriennale per la manutenzione degli impianti di risalita, come fatto dal capogruppo della Lega Boris Bignasca, potrebbe quasi essere definito un atto di «coraggio». Nelle ultime legislature, nessuno si era «spinto» così in là. Il sostegno, ormai perenne, è sempre stato concesso a larghissima maggioranza dal Parlamento. Stavolta, invece, in aula è giunto anche un rapporto di minoranza che – è bene sottolinearlo – non chiudeva la porta al finanziamento dei comprensori di Airolo, Campo Blenio, Bosco Gurin, Nara e Carì, ma sollevava alcune questioni di fondo riguardanti il futuro di queste stazioni. Tre le richieste principali della proposta: definire obiettivi misurabili per l’ottenimento del credito; vincolare il finanziamento a una strategia di sostenibilità a lungo termine; creare un modello di governance chiaro e stabile per tutte le stazioni. Senza questi elementi, «significa perpetuare un assistenzialismo cronico che non affronta le cause strutturali delle difficoltà del settore», come ha scritto il relatore. Difficoltà - attestate da bilanci costantemente in perdita - legate alla mancanza di neve e a elevati costi di gestione. Un problema comune a molte altre stazioni di bassa e media quota svizzere: basti pensare che anche Splügen vive una fase delicata, tanto da vedersi costretta a vendere gli impianti per l’innevamento artificiale (molto dispendiosi) ai Comuni, e dunque alla collettività. C’è poi la parola magica che in Ticino risuona da decenni: «destagionalizzazione». Un concetto ripetuto da tutto il settore turistico, impianti sciistici compresi, ma che in pochi hanno finora saputo concretizzare. O quantomeno renderlo redditizio.
Ieri, ad esempio, Ticino Turismo ha presentato una ricetta per attirare visitatori tutto l’anno, individuando il target a cui rivolgersi per le campagne di marketing. Per quanto riguarda gli impianti, invece, il processo di trasformazione è cominciato solo di recente. Pionieri, in questo senso, sono stati i gestori del Tamaro, che fin dai primi anni Duemila hanno fatto una netta scelta di campo puntando su un’offerta che non dipende dalla neve. Le altre località, chi più, chi meno, vivono ancora prevalentemente d’inverno e di sci. Un rischio, perché basta una stagione asciutta o troppo calda per mettere in pericolo l’esistenza stessa di queste realtà. Realtà che tengono in vita regioni discoste, che permettono ancora a migliaia di bambini di imparare a sciare a prezzi accessibili per le famiglie. Ma che devono sempre più fare i conti con la realtà degli elevati costi e dei prati verdi. Anche una parte della politica, in particolare in tempi di casse cantonali vuote (e con prospettive da voragine finanziaria), ha timidamente iniziato a sollevare alcuni dubbi. Finanziamento sì, ma non a ogni costo. Certo è che serviranno interventi più convinti per permettere alle stazioni sciistiche di reggersi sulle loro gambe e di guardare oltre la neve, diventata merce rara.

