Violenti e sfacciati: è caduto ogni limite
Non sembra proprio esserci limite al peggio. I modi risoluti, sfrontati e che sfociano sempre più spesso nella violenza prima verbale, poi finanche fisica si stanno insinuando con sempre maggiore velocità in ogni spazio del vivere comune. Nella società liquida d’altronde basta abbassare anche solo per un momento la guardia ed ecco che tutto cambia. Molto spesso peggiora. Sul Corriere del Ticino, oggi, affrontiamo un nuovo e preoccupante fenomeno, quello della violenza in corsia, all’interno dei nostri ospedali, dove ogni mese si registrano 25-30 casi di pazienti che si scagliano contro dottori o infermieri, ma anche i parenti dei pazienti perdono le staffe e diventano aggressivi. La salute, con la vita, è probabilmente il bene supremo che abbiamo e preziose sono in primo luogo le persone che ci aiutano con la loro professionalità, ma anche con tanta umanità. Perché per svolgere coscienziosamente quel lavoro non si può essere freddi calcolatori. Stressando, minacciando o aggredendo chi opera in corsia non si migliora un bel nulla, non si ottengono di certo diagnosi più serene e lucide, non cure più attente e men che meno tempistiche d’intervento più rapide. Ognuno di noi, se messo sotto pressione psicologica o addirittura con l’inaccettabile strumento fisico di «menare le mani», reagisce male e peggiora nella sua azione professionale: non diventa più performante con il camice bianco strappato. Questo è il lato emotivo, ma non è di certo secondario rispetto a quello del vivere civile che tracolla quando la civiltà si trova vieppiù picconata dall’inciviltà. Al punto che il tanto decantato «vivere civile» sta lasciando spazio alle quotazioni in ascesa del «vivere incivile». Quando leggiamo nelle testimonianze di chi è al vertice dei nostri nosocomi che nei pronto soccorso di alcuni ospedali si è reso necessario nelle ore serali e notturne il presidio di addetti alla sicurezza, ci chiediamo dove stiamo andando. Un mondo adulto deviato troppo abituato a mettere in atto un atteggiamento sfacciato, una sfrontatezza all’insegna della mancanza del rispetto per l’altro e che ha perso la capacità dell’autocritica e di scusarsi prima di andare oltre. Di fare scattare per tempo i freni inibitori. In caso contrario non ci si deve stupire e siamo a pagina 7 con il riassunto della puntata de La domenica del Corriere dedicata alla violenza nel mondo giovanile se la gioventù manifesta tendenze simili a quelle descritte. Il punto di partenza è l’ormai tristemente noto caso dei minorenni che si erano dati alle spedizioni punitive invocando un presunto «senso di giustizia» contro chi manifestava pulsioni pedofile con perverse trappole e spedizioni punitive. Anche il magistrato dei minorenni Fabiola Gnesa ha lasciato intendere di non credere che il modus operandi fosse lungimirante, ma di propendere per un’azione all’insegna della violenza per il gusto di essere violenti. Una frontiera mai valicata quella del caso in esame, in nome e per conto di una minoranza (rumorosa) di ragazzini sfacciati che sfidano tutto e tutti, compresa l’autorità. Anzi, che non conoscono autorità alcuna perché gli adulti hanno abdicato da questo ruolo (il violento non può predicare la non violenza ai giovani) e che vivono nel mondo dei social, un luogo virtuale dove tutto è permesso, dove non ci sono giudizi morali, dove si può scrivere ciò che si vuole perché il solo giudice supremo è il «Dio like». Riflettiamo e agiamo.