La posta di Carlo Silini

Ecco cosa m'avete insegnato in questi anni

Quando, all’inizio del 2021, ho cominciato a rispondere alle vostre lettere, non avrei mai pensato che poco meno di due anni dopo avrei dovuto salutarvi per partire verso una nuova avventura professionale
Carlo Silini
01.10.2022 06:00

Quando, all’inizio del 2021, ho cominciato a rispondere alle vostre lettere, non avrei mai pensato che poco meno di due anni dopo avrei dovuto salutarvi per partire verso una nuova avventura professionale. Quest’ultima puntata della rubrica, quindi, è un tributo a voi che avete avuto la curiosità, la voglia o la cortesia di seguirmi, scrivendomi o anche solo leggendo i molti scambi di idee che sono stati pubblicati. È quasi impossibile, per me, rendere conto di questa esperienza in modo esaustivo. Si è parlato un po’ di tutto: della pandemia e dei suoi effetti (accogliendo posizioni di ogni tipo, pro o contro le misure di protezione decise dalle autorità), di problemi sociali e civili (dalle ingiurie alle donne alle auto che soffocano nel traffico), di faccende politiche in senso lato (dalla serietà di taluni nostri rappresentanti ai nuovi «padroni del vapore» che si sono imposti nel mondo) , di crisi acute (guerre, disprezzo dei diritti umani, crociate morali), di scienza, tecnologia ed economia. Di problemi risibili e di magagne irrisolvibili. Non poche lettere hanno aperto un varco nel campo ineffabile e infuocato delle tematiche religiose e/o filosofiche. Qualcuno si è messo a nudo con vicende intime e toccanti, altri hanno scritto poesie, non pochi hanno dato fiato alle trombe dell’indignazione, parecchi hanno dato prova di una sottile capacità di analisi della realtà. Molti hanno semplicemente spedito delle domande a cui non trovavano risposta. Non essendo e - soprattutto - non volendo essere un tuttologo, ho risposto quello che sapevo e pensavo; niente di più, niente di meno. Mi hanno scritto persone semplici e professori, imprenditori, avvocati e casalinghe, pensionati e ragazzi, vip e gente comune. Ignoro quanto le mie risposte li abbiano soddisfatti o delusi, ma so che i loro quesiti e le loro sollecitazioni sono state un’occasione formidabile per sentirmi spesso ignorante. Ho dovuto confrontarmi a temi e sensibilità che non sempre conoscevo. Non di rado mi son visto costretto a documentarmi meglio, a leggere, rileggere e correggere ingenuità o idee sbagliate che si erano istallate nel mio cervello, a confrontarmi con persone più competenti di me. Anche (soprattutto) quando non condividevo le vostre idee, ho cercato di ascoltarvi con rispetto, provando a capire prima di giudicare. Chissà se ci sono riuscito? Giunto alla fine di questo percorso, posso dire che il giornale mi ha offerto l’opportunità straordinaria di entrare in diretto e incandescente contatto col vero sovrano della testata: voi lettori. Mi è capitato di stringere rapporti improbabili con perfetti sconosciuti. Ci siamo sentiti al telefono. C’è chi mi ha invitato a pranzo, a cena o anche solo a sorbire un caffè per conoscersi meglio. Ho quasi sempre declinato tranne, paradossalmente, coi lettori che partivano da posizioni opposte alle mie. Per poi scoprire, seduti in un bar l’uno in faccia all’altro, che quasi sempre ci si può parlare con serenità perfino partendo da visioni tra loro inconciliabili. Ho cercato di rispondere a una miriade di domande, ma ho ricevuto altrettante risposte e insegnamenti. Uno su tutti: ci sono cose più importanti delle idee e dei puntigli; sono le persone, i loro cuori e le loro storie. Siete voi che mi avete onorato della vostra attenzione e sono io che ora vi saluto con gratitudine.