Fatti nostri

Quando il cuore ha la meglio sulle regole

Quando scopriamo che dietro alle statistiche dei profughi ci sono persone in carne ed ossa, la solidarietà ha il sopravvento – Dite la vostra a [email protected]  
Prisca Dindo
18.01.2023 07:00

La storia del Ticino è costellata di vicende che ricordano quelle della giovane mamma in fuga dall’Afghanistan approdata in valle Verzasca insieme alla sua bambina. Le due profughe rischiano l’espulsione in Slovenia. Mentre attendono con grande angoscia il responso delle autorità federali competenti, la valle Verzasca e una gran fetta della politica cantonale si sono schierate al loro fianco.  

Durante i pochi mesi di permanenza a Brione Verzasca, le due giovani donne si sono perfettamente integrate. La mamma aiuta in paese, la piccola va a scuola. La gente vuole loro un gran bene.

Tutti si battono per farle vivere per sempre in Ticino.  

Questa ondata di solidarietà non sorprende. Durante la guerra nell’ex Jugoslavia molte famiglie di ticinesi furono protagoniste di azioni di solidarietà come quella per le due donne.

In alcuni casi, la loro battaglia ebbe buon fine. Altre volte dovettero salutare con le lacrime agli occhi i compagni di scuola o i colleghi di lavoro rispediti altrove. La legge era la legge.

«Volevamo braccia, invece sono arrivati uomini» scrisse Max Frisch a metà degli Anni '70, commentando la politica di reclutamento della manodopera straniera da parte del nostro Paese. Con la politica d’asilo succede la stessa cosa.

Quando scopriamo che dietro alle fredde statistiche dei profughi ci sono persone in carne e ossa, il nostro cuore ha il sopravvento e ci battiamo affinché chi bussa disperato alla nostra porta possa rifarsi una nuova (e sicura) vita qui da noi.

Del resto viviamo in un Paese che invecchia. Mancano camerieri, infermieri, medici; allargare le maglie dei nostri confini potrebbe portarci benessere.

Si potrebbe offrire formazione e lavoro non soltanto agli ucraini in fuga dalla guerra, ma anche a tutti gli altri profughi che scappano, consegnando anche a loro il permesso S.

È anche vero che quest’anno saremo in nove milioni. Di questo passo c’è chi teme un’invasione, con un conseguente peggioramento della qualità di vita di tutti noi.

Ma allora secondo voi è possibile coniugare il cuore con la politica in materia d’asilo? Dovremmo aprire maggiormente le nostre frontiere oppure siamo in troppi? 

Volete farci sapere come la pensate? scriveteci su WhatsApp allo 079 674 95 21 o con una mail a [email protected].

Le vostre risposte: 

Le cifre indicano ca. 90 milioni di migranti forzati nel mondo perlopiù provenienti dall’Asia (India, Pakistan Afghanistan…), le persone toccate da questo dramma vivono in un costante stato di incertezza, di paura di massimo sconforto. Chi ha potuto conoscere queste persone non può che provare un senso di solidarietà e compassione per lo stato in cui vivono. Ogni caso diverso con le sue molteplici peculiarità ma tutti uguali nell’ affrontare le sofferenze.

Potrà mai una legge, un regolamento, vagliare con giudizio tra il marasma generale? Affrontare situazioni che evolvono vertiginosamente ed inaspettatamente? E a tutto ciò vano ad aggiungersi i movimenti politici interni ai paesi cosiddetti ospitanti.

L’arrivo di un nuovo governo stravolge quanto si riteneva indispensabile, cambiando le carte in tavola da un giorno all’altro. Immaginiamoci per un solo momento, la posizione dei funzionari che devono trattare, quindi toccare con mano, gli innumerevoli casi di migranti costretti a negare l’agognato permesso dopo una iter burocratico di kafkiana memoria.

Soluzioni facili non ci sono ma ancor più doloroso è constatare come tanta politica approfitta di questa situazione a fini elettorali.

Al di la di tutti gli interessi e le frasi fatte credo che questo dramma non possa essere risolto con una legge o da un solo paese e, sino a quando l’animo profondo degli uomini “Sapiens” non mostrino quella sapienza eletta come propria natura, si continuerà a generare sofferenze e miserie.

Marcello Bianchi

 

 

Troppi? Troppa ipocrisia!

In Verzasca abbiamo visto uno slancio di solidarietà per la famigliola afgana! Un paio danni dopo i cartelli che invitavano gli svizzeri tedeschi a non andare nelle loro case di vacanza perché additati come untori. Ma c’era anche chi voleva blindare le frontiere, però quando il personale medico frontaliere era questo lato del confine. D’altronde sembra più facile trovare brava gente da aiutare che un buon vicinato. Infatti le liti tra vicini per futili motivi, sono più frequenti e veraci degli slanci di solidarietà. Solidarietà, che guardata con la testa e non col cuore, può essere almeno messa in discussione, perché qualche “affaruccio” ai soliti noti lo porta, soldi o voti che siano. Ma purtroppo oggi basta dire; - Se agli svizzeri non ci pensano gli svizzeri, chi altri ci penserà?- per essere guardato con sospetto e considerato un egoista se non peggio. Dunque si siamo in troppi! Ad aver paura di affrontare i problemi con onestà intellettuale, in modo pragmatico e bilanciato. Come a prendere e a dettare condizioni, nel e per il rispetto anche della cultura e società autoctona.

Andrea Genola Astano

Naturalmente, la Svizzera dovrebbe accettare i richiedenti l'asilo vittime della guerra. Questo sarebbe un atteggiamento umanista che si addice alla Svizzera. Ma dovrebbe abbandonare le pratiche del doppio standard. Dovrebbe inoltre riconoscere lo status di identità speciale concesso ai rifugiati ucraini ad altre vittime di guerra.

Berkant Coskun

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