Finché la ricerca della verità è un valore

Vladimir Putin sta dicendo un sacco di «stronzate». Questa uscita è di Donald Trump, naturalmente. E risale a mercoledì. Il presidente americano, scocciato dalla scarsa propensione del suo omologo alla ricerca di una soluzione di pace, si è sfogato così davanti ai microfoni dei media. E ha offerto, una volta di più, la sua verità, dando del bugiardo al russo. Perché, dice Trump, quando i due si parlano «Putin fa il carino, ma poi...». Insomma, quel che Putin fa non è consequenziale rispetto a ciò che dice.
Lo stesso Trump, respinto a suo tempo da Twitter - era il 2021 -, rispose a Elon Musk con la creazione di un nuovo social. Il social di Trump venne chiamato - e così si chiama tuttora -, non a caso, Truth, ovvero «verità». È una parola che il presidente americano usa spesso, come una certificazione del proprio pensiero. Detto in altre parole: se io dico che questo è vero, allora deve essere vero per forza. È un uso strumentale della dialettica politica e del potere, ma è anche un’idea autoritaria della verità. La verità fatta calare dall’alto diventa un dogma. E a dipendenza del seguito, della presa sul popolo - o su parti di esso -, può trasformarsi in verità acquisita. È il «gioco» su cui Trump ha costruito le proprie campagne politiche.
Ora, a suon di verità dogmatiche, ma non accertate, il rischio è che la verità stessa - la Verità, anzi, con la V maiuscola, la verità filosofica - perda di valore, che non sia più un obiettivo a cui tendere. Non per forza. Quel che diamo per acquisito, ovvero la ricerca della verità come un dovere morale e sociale, in realtà non è affatto scontato. Il rischio che, sfondando persino il muro della post-verità - la verità di pancia, emotiva, anche se forse contraria ai fatti -, la verità non sia più un valore è quindi concreto. In un’epoca di guerra - e chiamatela come volete, Terza Guerra mondiale, Guerra diffusa - e di crisi, addirittura di «policrisi», è per certi versi normale che la verità assuma un significato propagandistico. Le verità di Trump sugli equilibri in Ucraina o sui dazi - basti pensare a come ha determinato la famosa tabella, all’assegnazione delle diverse tariffe - sono propaganda, così come lo sono quelle spacciate da Putin, che ancora si ostina a parlare di «operazione speciale» in Ucraina, di «liberazione», mai di guerra. Sono propaganda le diverse versioni di ciò che è stato o non è stato distrutto in Iran. E lo sono le dichiarazioni di vittoria da una parte e dall’altra del fronte, da Washington come da Teheran. Donald Trump non è l’unico a usare questa retorica, e non è nemmeno la causa di tutto, ma certo appare nella realtà attuale come un acceleratore di tendenze, in particolare di quella legata all’uso di fake news, di falsità.
Il fine ultimo sono gli interessi personali, mascherati attraverso un uso sincopato dei social media, un susseguirsi di messaggi, post, spesso in maiuscolo. Il tono è l’urlo, perché più si urla, più si crea confusione. L’intenzione è convincere e confondere. Ma anche gestire e condizionare il flusso mediatico, che prima era esclusiva delle testate tradizionali. Quelle stesse testate a cui Trump muove spesso guerra. Ultimi esempi sono quelli del New York Times e della CNN, minacciati un paio di settimane fa dopo la pubblicazione di articoli relativi ai bombardamenti americani in Iran, più precisamente sul rapporto preliminare dell’intelligence. L’avvocato del presidente aveva bollato tali articoli come «falsi» e «antipatriottici». In realtà, i funzionari dell’amministrazione avevano confermato l’esistenza di tale rapporto. «Abbiamo detto la verità al meglio delle nostre capacità. Continueremo a farlo», la replica del NYT.
In quel caso, Trump si era spinto oltre, chiedendo il licenziamento dei giornalisti coinvolti. E sempre il suo avvocato aveva spiegato come gli articoli avessero «minato la credibilità e l’integrità del presidente Trump agli occhi dell’opinione pubblica». Insomma, NYT e CNN si erano permesse di interrompere il flusso, di riprenderne la gestione, rispettando il rispettivo mandato: ricercare il vero, considerare la verità un valore fondamentale, al di là di ogni possibile «patriottismo» (inteso nel senso trumpiano del termine). Ma è chiaro come la sfida sia sempre più complessa. E perderla avrebbe ripercussioni tragiche.