L'editoriale

I limiti di velocità e quelli alla libertà

Dove si vuole arrivare? Il tema merita una riflessione – Partiamo dai casi più recenti, anche eclatanti e di portata internazionale come la vicina Milano
Paride Pelli
20.01.2023 06:00

 

È un periodo delicato per gli automobilisti: oltre al solito traffico, fioccano proposte o leggi per limitare la «pacifica» circolazione per le strade a cui siamo stati abituati da decenni. Dove si vuole arrivare? Il tema merita una riflessione. Partiamo dai casi più recenti, anche eclatanti e di portata internazionale. La vicina Milano, frequentata molto dai ticinesi, ha una delle zone a traffico limitato più grandi d’Europa: 128 chilometri quadrati, oltre il 70% del territorio comunale. Dal 1. ottobre scorso, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2, è stato fatto divieto di entrare nella ZTL a bordo di automobili ritenute inquinanti, cioè quasi tutte, e questo in una fascia che comprende l’orario lavorativo e scolastico. Per attenuare le pesanti proteste da parte dei cittadini - che avrebbero dovuto autofinanziarsi, in tempi di crisi, un nuovo veicolo - sono state introdotte complicate «deroghe chilometriche» e «deroghe giornaliere». L’obiettivo finale è vietare l’accesso all’area urbana a tutte le vetture diesel e benzina entro il 2030. La misura, agli occhi dei cittadini, pareva già colma, ma pochi giorni fa il Consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno che chiede di «proclamare Milano Città 30, istituendo il limite di velocità in ambito urbano a 30 km/h a partire dal primo gennaio 2024».

L’idea di fondo sarebbe quella di aumentare la sicurezza di pedoni e ciclisti. Naturalmente le polemiche si sono alzate fino al cielo e continuano ancor oggi. Ma veniamo al nostro Ticino.  Siccome le richieste di limitazioni e di restrizioni in generale, per qualsivoglia cosa, paiono circolare negli ultimi anni con una carica virale che avrebbe fatto invidia al COVID-19, l’Associazione traffico e ambiente ha invitato il mondo politico a ripensare la strategia di costruzione delle strade e a introdurre molte più zone a 30 km/h. A parere dell’ATA questo limite di velocità è imposto troppo poco sulle strade principali delle zone densamente popolate. Serve una «generalizzazione» del limite. Anche in questo caso, l’obiettivo primario è, ça va sans dire, ridurre l’inquinamento e aumentare la sicurezza. Il Touring Club Svizzero ha replicato suggerendo una soluzione di compromesso per mantenere una viabilità ottimale e ricordando che l’accettazione dei 30km/h generalizzati nei centri abitati non segna progressi fin dai tempi dell’iniziativa «Strade per tutti», spazzata via nel 2001 da ben l’80% dei votanti.

Proposte e divieti come quelli di cui abbiamo riferito si notano negli ultimi tempi un po’ in tutta Europa, e spesso la popolazione è contraria. Tutti noi – sia ben chiaro – abbiamo a cuore che l’aria sia possibilmente pulita, che l’inquinamento venga ridotto ai minimi termini, che automobilisti, motociclisti e soprattutto pedoni possano circolare in sicurezza, ed è incontestabile che negli ultimi anni la sensibilità riguardo al clima, all’ambiente e alla prudenza sia nettamente aumentata. Ma non è rallentando ulteriormente il traffico che la viabilità dei centri urbani, soprattutto quella legata al trasporto pubblico, potrà migliorare.

Registriamo, infine, che (pandemia esclusa, per sacrosante ragioni sanitarie e in un periodo del tutto eccezionale della nostra esistenza) vi è uno stillicidio di proposte per mettere sempre più paletti nella vita quotidiana delle persone. Anche se queste proposte, alla fine, non verranno adottate, o entreranno in vigore in versione attenuata, il loro continuo proliferare ha già creato un clima che mette la libertà di movimento, e la libertà in generale, al secondo posto, per promuovere obiettivi di austerità che, una volta raggiunti, ne richiederanno sempre degli altri, in una spirale senza fine. Come se la mobilità stradale, a tendere, fosse un lusso, e non un diritto.