Il commento

Il corpo fisico e il corpo politico

Nonostante le speculazioni Elisabetta II rimane saldamente al comando
Antonio Caprarica
19.05.2022 06:00

E dove mai poteva ricomparire «il Boss» se non a un concorso di amati cavalli? Il Boss, come la chiamano in famiglia e a Corte (quando lei non sente), è ovviamente Sua Maestà Elisabetta II. E quando gli inglesi l’hanno vista arrivare a bordo della sua Land Rover, tutta allegra e pimpante, sul terreno del Royal Windsor Horse Show è stato chiaro a tutti che Carlo avrà ancora parecchio da aspettare. Almeno nelle intenzioni di mammà.

Eppure, solo quarantott’ore prima, l’11 maggio, i principali giornali del pianeta avevano unanimemente registrato con grande risalto «il primo giorno da re» di Carlo d’Inghilterra. I più cauti avevano parlato di «prova generale». Questo può essere, ma è certo che per andare in scena da titolare al principe di Galles non basterà quell’unica apertura cerimoniale del Parlamento, che ha brillantemente eseguito il 10 maggio in nome e per conto della madre, obbligata all’assenza da episodici problemi di mobilità.

È vero, l’immagine di Carlo in alta uniforme da ammiraglio seduto su un trono più basso, e accanto a lui il cuscino di velluto su cui poggiava la corona imperiale, suggeriva melanconicamente l’avvio di una transizione inevitabile. La pompa e lo sfarzo che accompagnano il tradizionale State Opening of Parliament c’erano tutti ma mancava l’evento principale, ovvero l’apparizione della donna minuta da settant’anni simbolo dell’autorità regia, e il pubblico planetario non solo ha sentito il colpo ma ne ha tratto conclusioni affrettate.

La reazione molto simile a uno shock conferma che, alla vigilia del Giubileo di Platino, Elisabetta rappresenta ancora agli occhi del mondo, anzi a maggior ragione, ciò che già era per il Giubileo d’Argento, 45 anni fa. Per dirla con i versi che le dedicò allora il poeta Philip Larkin, «In tempi in cui niente resisteva / ma tutto peggiorava, o diventava strano / una sola buona cosa restò costante: / Lei non cambiava».

Prossima ai cent’anni, il «corpo fisico» della sovrana avrà pur dovuto arrendersi alle leggi naturali dell’età, ma non il «corpo politico», la sua determinazione a esercitare fino all’ultimo respiro il ruolo di simbolo della nazione che le assegna la Costituzione. In parole povere, il Boss può anche assentarsi ogni tanto per i guai degli anni, ma le redini del regno rimangono saldamente nelle sue mani.

C’è chi, vedendo il principe di Galles leggere nella Camera dei Lords il famoso Queen’s Speech al posto della madre, lo ha scambiato per l’avvio della Reggenza. Significa non porre attenzione ad alcune cruciali sottigliezze costituzionali. La regina si è avvalsa in effetti dell’Atto di Reggenza del 1937 per delegare la sua autorità, e solo per l’apertura del Parlamento, congiuntamente al figlio e al nipote William in quanto entrambi Consiglieri di Stato. Non ci sarà insomma, viva Elisabetta e in pieno possesso (come è) delle sue facoltà mentali, nessun Principe Reggente, come accadde l’ultima volta nel 1811 con il celebre «re pazzo» Giorgio III.

Nulla cambia, dunque, a Buckingham Palace? Non proprio. La cerimonia con al centro Carlo invece della regina segnala una perdita indiscutibile: un bel po’ del «magico» che ha sempre accompagnato le apparizioni rituali di Elisabetta è andato smarrito. Non è solo la scala ridotta della processione dalla reggia sino al palazzo del Parlamento, non è solo la sostituzione delle favolose carrozze di Stato con le più prosaiche Rolls-Royce, o l’assenza delle corazze splendenti della scorta reale della Household Cavalry.

No, c’è molto di più che è venuto a mancare. Quella scintilla unica che Elisabetta sapeva accendere con la sua lenta processione, adorna di corona e di scettro, lungo i trenta metri della Royal Gallery, la ieraticità e il femminino del suo portamento, l’aura di imperturbabile neutralità politica che perfino la monotonia della voce acuta conferiva alle sue parole. Sua Maestà resta al comando ma le sue assenze già alimentano la nostalgia.

«My Lords, pray be seated», sono state le prime parole di Carlo all’indirizzo dei parlamentari che lo accoglievano in piedi: «Miei Signori, prego state seduti». Deve solo sperare che un giorno non sia l’intera Inghilterra a restarsene seduta, delusa e annoiata, davanti a lui.