L'editoriale

Il Cremlino e la sfida del mondo unipolare

Al summit di Samarcanda Vladimir Putin a confronto con Xi Jinping e gli altri leader dei cosiddetti Paesi amici – La guerra in Ucraina non trova sostegno
Osvaldo Migotto
17.09.2022 06:00

Al summit di due giorni dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, conclusosi ieri a Samarcanda, antica città dell’Uzbekistan, Vladimir Putin ha voluto presentarsi come un alleato di peso di Pechino. I due Paesi sono infatti impegnati da tempo nel braccio di ferro contro Stati Uniti e Occidente per contrastare quello che il leader russo ha definito «le forme assolutamente orribili di un mondo unipolare». Per ingraziarsi il presidente cinese, lo «zar» ha pure condannato le provocazioni degli Stati Uniti su Taiwan. Mentre Gazprom, il gigante statale russo del gas, ha fatto sapere che il 10 settembre le forniture alla Cina hanno raggiunto un nuovo massimo storico di volumi giornalieri di esportazione.

Xi Jinping guarda con piacere ai crescenti scambi commerciali con Mosca, ma le sue ambizioni vanno oltre la Russia

Ma non è tutto oro quello che luccica. Se appare ormai chiaro che i rapporti commerciali tra Russia e Cina sono destinati ad intensificarsi, così come la cooperazione militare, con l’annuncio fatto da Mosca di nuove esercitazioni navali congiunte nel Pacifico e nel Mare di Okhotsk, Putin deve fare i conti anche con il rovescio della medaglia. Xi Jinping guarda con piacere ai crescenti scambi commerciali con Mosca, ma le sue ambizioni vanno oltre. Nella sua missione in Asia centrale di questi ultimi giorni, che ha toccato Kazakistan e Uzbekistan, il leader cinese ha ricevuto un’accoglienza molto calorosa. In Kazakistan Xi Jinping ha assicurato al presidente Kassym-Jomart Tokayev il pieno sostegno per «salvaguardare la stabilità, lo sviluppo, l’integrità e l’indipendenza del Paese». Un messaggio che gli analisti politici interpretano come un chiaro passo verso un cambiamento degli equilibri di potere tra Cina e Russia nell’Asia centrale. Scenario analogo in Uzbekistan, dove il presidente Shavkat Mirziyoyev e il suo omologo cinese hanno sottoscritto una quindicina di accordi e memorandum per un valore complessivo di 15 miliardi di dollari. Mentre sembra ormai vicina un’intesa tra Cina, Kirghizistan e Uzbekistan per la realizzazione di una linea ferroviaria nell’Eurasia meridionale che faciliterà l’ulteriore espansione della nuova Via della seta in Asia centrale.

Insomma, se Cina e Russia possono essere considerati come alleati di ferro nella lotta contro un mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti, le strategie messe in campo dai due capi di Stato per contrastare tale tendenza sono sostanzialmente differenti. Nel corso degli ultimi anni Pechino ha sì potenziato il suo esercito per mostrare a Washington la sua volontà di contrastare lo strapotere americano anche sul fronte militare, ma è sicuramente sul fronte economico che la Cina ha mostrato i più grandi successi. Mosca, dal canto suo, ha scatenato una guerra in Ucraina, che si illudeva di poter vincere in poco tempo, per mostrare all’Occidente che era disposta a tutto per contrastare il dilagare della NATO in quelle che considera sue sfere di influenza storiche.

Ma la reazione occidentale alla brutale guerra di occupazione scatenata dal Cremlino ha ridimensionato le ambizioni della Russia. Nessuno, al momento, è in grado di dire come andrà a finire lo spaventoso scontro armato. Sono invece fin troppo chiare le pesantissime conseguenze che esso sta avendo su buona parte dell’economia mondiale. Non c’è dunque da stupirsi se anche a Samarcanda, a un incontro tra leader di Paesi che Putin ritiene a lui vicini, si siano di nuovo sollevate chiare richieste, dalla Turchia all’India e persino dalla Cina, per una rapida fine delle ostilità in Ucraina. I toni degli «alleati» del presidente russo sono stati ammorbiditi da promesse di crescenti scambi commerciali con Mosca, ma è chiaro che la sfida armata del Cremlino contro un mondo unipolare suscita ben pochi entusiasmi a livello mondiale.

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