L'editoriale

Il dovere della memoria e l'ombra dell'oblio

«So cosa dice la gente del Giorno della Memoria: “basta con questi ebrei, che cosa noiosa”, una come me ritiene che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà una riga tra i libri di storia e poi neanche più quella», ci dice Liliana Segre
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
27.01.2023 06:00

«So cosa dice la gente del Giorno della Memoria. La gente già da anni dice “basta con questi ebrei, che cosa noiosa”. Una come me ritiene che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà una riga tra i libri di storia e poi neanche più quella». Sono parole raggelanti che non lasciano spazio all’interpretazione quelle con cui Liliana Segre con amara sincerità e irriducibile forza civile ha scosso l’intorpidita coscienza collettiva, non solo in Italia, alla vigilia delle commemorazioni e delle iniziative fissate nella data scelta dalle Nazioni Unite nell’anniversario dell’apertura da parte dei soldati dell’Armata Rossa dei cancelli del campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz-Birkenau, Polonia meridionale, il 27 gennaio 1945. Ma dobbiamo essere grati una volta di più alla senatrice Segre per averle pronunciate, infrangendo con coraggio un tabù e trasformando un grido d’allarme da tempo strisciante e sotteso in un monito urgente e inequivocabile che deve beninteso scuotere tutti, non soltanto chi si occupa di ricerca storica e di doverosa trasmissione della memoria. A maggior ragione adesso nel momento preciso in cui gli ultimi testimoni diretti, sopravvissuti all’abominio di quel criminale e pianificato mattatoio umano, stanno per cedere definitivamente la responsabilità del ricordo alle nuove generazioni. A quelli che non c’erano ma devono ricordare. Perché, quando anche l’ultima voce di chi c’era si sarà spenta e quando anche gli ultimi occhi che videro l’orrore si saranno chiusi, assumeranno un valore diverso e se possibile ancor più potente le parole sacre del monito di Primo Levi che con quel «meditate che questo è stato» («meditate», si badi bene, non soltanto «ricordate» o «sappiate») volle dare un valore inaudito e universale alla memoria dell’Olocausto. Ecco perché è esattamente questo, nel gennaio 2023, il momento di evocare il pericolo dell’oblio e di denunciare tutto quello che non ha funzionato nel far capire cosa fu davvero la Shoah e perché anche se forse non potremo mai comprenderla fino in fondo è importante che continui a farci orrore e a farci provare sdegno e vergogna in quanto appartenenti al genere umano. Anzi, ed è giusto ricordarlo in questa Giornata della Memoria, l’incapacità di capire non ci deve fermare, a maggior ragione quando ci troviamo di fronte a qualcuno che banalizza, sottovaluta o peggio ancora, come purtroppo capita tutti i giorni, inneggia a quel male e a chi lo commise. È d’altronde la condanna di chi crede nella democrazia quella di non potere mai dare certe conquiste, imperfette per loro natura, come acquisite e irreversibili e a pagare quello che Popper definiva come il prezzo della libertà, vale a dire l’eterna vigilanza. La ragione non basta a capire perché duemilaquattrocento anni dopo Socrate, ottocento anni dopo la Magna Charta libertatum e cinquecento anni dopo l’Oratio de hominis dignitate di Pico della Mirandola e dopo il Rinascimento e l’Umanesimo, nel cuore della raffinata e civilissima Europa la vuota ignoranza della sopraffazione e il nulla assoluto dello sterminio genocidario siano potuti realmente accadere. Eppure, ricordiamocene tutti, questo è stato. Adempiremo all’esigente dovere della memoria se tutti insieme sapremo ribellarci alle insidie della saturazione e dell’assuefazione che un po’ inevitabilmente, alla lunga, anche il male assoluto con i fiumi di retorica che ne accompagnano la ritualità autoassolutoria finisce col suscitare. Una retorica che si potrà contrastare solo tenendo insieme e coltivando in egual misura storia e memoria, parlando ai cuori e alle menti con la medesima chiarezza, alla ricerca dell’equilibrio tra emozioni e dati di fatto per distinguere senza ipocrisie, strumentalizzazioni, manipolazioni o reticenze responsabilità e conseguenze, ragioni e torti, verità e menzogne. Altrimenti la disumana barbarie avrà vinto davvero. E stavolta sarà per sempre.