Il commento

Il globale che c'è ora e ci sarà in futuro

La globalizzazione economica è andata avanti lo stesso, ma gli ostacoli esistevano già prima, non sono una novità
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
19.05.2023 06:00

Occorre equilibrio anche nelle analisi che riguardano la globalizzazione economica. In questi ultimi anni siamo passati da una prevalenza di commenti su una globalizzazione in avanzata sotto ogni aspetto, spesso con accenti critici da più parti nei confronti di questa avanzata, ad una prevalenza di commenti su un forte arretramento o addirittura su una prossima fine della globalizzazione. C’erano esagerazioni nelle analisi prevalenti in precedenza e ci sono esagerazioni nelle analisi prevalenti attualmente.

La globalizzazione, parliamo qui di quella appunto economica, andava e va giudicata in modo laico, senza guerre di religione. Negli ultimi decenni lo sviluppo degli scambi e l’ampliarsi delle integrazioni economiche hanno molto contribuito alla crescita mondiale e al progresso complessivo. Per la grande parte delle popolazioni i vantaggi sono stati superiori agli svantaggi. Ma quella della globalizzazione non è stata un’avanzata senza ostacoli. Basti pensare ai vari protezionismi, dichiarati o mascherati, che hanno subito sconfitte ma che non sono mai veramente scomparsi; alle guerre dei dazi che a intervalli hanno ripreso campo; alle battute d’arresto negli accordi di libero scambio - mondiali, di area, bilaterali a seconda dei casi - che si sono alternate ai successi delle intese internazionali sui commerci.

La globalizzazione economica è andata avanti lo stesso, ma gli ostacoli esistevano già prima, non sono una novità. Certo, negli ultimi tre anni due macro avvenimenti hanno fatto irruzione sulla scena, si tratta della pandemia e della guerra in Ucraina causata dall’invasione da parte della Russia. In entrambi i casi ci sono state e ci sono anche implicazioni economiche di rilievo. Le strettoie nelle catene di rifornimento createsi sull’onda della pandemia e i contrasti provocati dalla Russia di Putin, con l’annesso delle inevitabili sanzioni dell’Occidente contro quest’ultima, sicuramente non hanno favorito un’ulteriore espansione degli scambi.

Tuttavia, di qui a proclamare la fine della globalizzazione economica, ne passa. Ci sono due elementi principali da considerare. Il primo è che gli scambi mondiali, al di là di temporanee frenate, hanno mantenuto nonostante tutto una tendenza alla crescita. Secondo i dati della Banca mondiale, l’export di merci e servizi in rapporto al PIL globale rappresentava il 12,8% nel 1970, il 18,9% nel 1990, il 23,6% nel 2000, il 28,9% nel 2021. Seguendo le cifre del mese scorso del Fondo monetario internazionale, inoltre, il volume degli scambi mondiali è cresciuto del 5,1% nel 2022 e dovrebbe salire del 2,4% nel 2023 e del 3,5% nel 2024. Ci sono indubbie oscillazioni registrate in questi anni, legate ai diversi momenti economici e geopolitici, ma molti parametri indicano un mantenimento del trend di fondo.

L’altro elemento è che dalla globalizzazione economica non ha tratto vantaggio solo l’Occidente. Ci sono altre parti del mondo che hanno voluto e vogliono uno sviluppo degli scambi globali, da cui hanno tratto anch’esse molti vantaggi. Un esempio di ampia taglia è la Cina. Pur non avendo una vera economia di mercato, e quindi non essendo certo definibile come Paese liberista, la Cina non nasconde la sua volontà di partecipare alla globalizzazione. Non bisogna confondere le fasi di scontro con la strategia più complessiva, destinata a durare. Al netto delle tensioni geopolitiche, imprevedibili anche per via della questione Taiwan, in campo economico Pechino vorrebbe uscire dai lacci sugli scambi. Ed è lecito dubitare che la risposta adeguata per la Cina possa essere la creazione di un blocco economico permanente con la Russia. Se si creassero blocchi economici a Occidente e a Oriente, cosa peraltro non certa, ebbene questi blocchi per mantenere davvero i loro livelli di crescita dovrebbero prima o poi tornare comunque a fare accordi economici più vasti, sul piano globale.