Il male del potere

Il noto fisico Carlo Revelli rimprovera all’Occidente la sua sudditanza al verbo americano. Il poliedrico Moni Ovadia rinfaccia all’Occidente la sua incoerenza. Il giornalista Carlo Freccero gli attribuisce l’intenzione di produrre un Grande Reset sterminatore. L’ex ambasciatore Sergio Romano ne stigmatizza la vocazione provocatoria e guerrafondaia. Lo storico Franco Cardini porta allo scoperto la sua ipocrisia. Il filosofo Diego Fusaro ne sottolinea l’incapacità di osservare il mondo in termini multipolari.
In questo tribunale dell’anti-occidentalismo, riecheggiano tuttavia, insieme ai capi di imputazione, imbarazzati «no comment» a proposito del resto del mondo. Imbarazzante è infatti lo statalismo repressivo cinese, il razzismo sudafricano, il neo-colonialismo israeliano, la discriminazione castale indiana, il totalitarismo russo, il primitivismo saudita, la dittatura anti-curda turca, il satrapismo africano e la teocrazia iraniana. Se poi dal tribunale dell’anti-occidentalismo ci spostiamo a quello dell’anti-orientalismo, ecco fioccare sentenze contro l’oscurantismo afghano, quello pakistano, contro il capitalismo selvaggio indonesiano, contro l’austerità giapponese. Un altro tribunale potrebbe poi denunciare la collusione Stato-cartelli della della droga sudamericano, il comunismo illiberale cubano, il caudillismo antillano e via elencando.
Chi allora scampa alla condanna della Storia e della morale? Probabilmente soltanto l’isola di Bora Bora e l’Isola che non c’è di Bennato.
Ma se tali due eccezioni scampano al sortilegio del male e della colpa, non dipende dalla loro capacità di esercitare bene il potere, bensì dal fatto di non detenerne alcuno. In questa chiave invocare o evocare un Tribunale di Norimberga, un Tribunale Internazionale dell’Aja o una qualsiasi Corte Suprema non ha alcun senso. Laddove in causa è il potere, l’unico scranno che può pretendere giustizia è infatti quello di Dio e della sua infallibilità.
A quale «superiorità» occidentale si vuole d’altronde fare appello, quando si parla di valori fondanti dell’Occidente? Esattamente a quell’universo di valori che il potere è sempre pronto a compromettere: da quello della democrazia che non risparmia mai stragi in tutto il mondo, a quello della tecnologia che non evita mai discriminazioni sociali, a quello della libertà che è sempre condizionata e nella disponibilità dei soli padroni.
E i valori fondanti dell’Oriente, allora? Ahimé, anche in questo caso resistono solo quelli dei senza-potere. Giacché ovunque sia potere, persino tra i monaci buddhisti, possiamo starne certi che è sempre l’alito del male.