Il piano B che non c'è

Cercate di avere più fantasia e non aspettatevi che io e la mia amica microinfluencer del lago e content creator vi si faccia un resoconto dei commenti sulle esternazioni papali, riguardanti la «frociaggine» dei seminaristi, sentiti ai pontili del golfo dove con il battellino abbiamo fatto il solito giro per il rifornimento del Barbera fatto col mulo anche in vista della finale di Coppa svizzera di domani tra Lugano e Servette. Sono giorni che in tutto il mondo si commentano le parole di Papa Francesco (strano che nessuno abbia ancora raccolto le opinioni di capigruppo e presidenti di partito ticinesi, divenuti ormai oracoli su ogni fatto dell’esperienza umana per condiscendenza mediatica in automatico senza nemmeno aver bisogno degli stimoli muscolosi del senatore Fabio Regazzi). Il pontefice ritenuto progressista anche nell’accoglimento dei gay si è subito scusato per il linguaggio apparso omofobo nel suo intervento alla Conferenza episcopale italiana; non c’è quindi nulla da aggiungere e Asia, inorridita da quel che ha sentito dal popolo dei pontili ma anche da una parte del popolo della Rete, ne è ben contenta.
Merita però una segnalazione il contributo di don Gianfranco Feliciani, arciprete di Chiasso, pubblicato sul sito Liberatv, che così conclude: «Tutti vogliamo essere difensori del rispetto per le persone, ma spesso si ha paura di dire la verità. Per quieto vivere si preferisce l’ipocrisia del “politicamente corretto” e parlare del male e della stupidità definendoli “diversamente morali” o “diversamente intelligenti”. Bisogna avere anche il coraggio di andare contro certe derive sociali che non osano dire che “il re è nudo”, che una escort è semplicemente una prostituta e che un cialtrone rimane tale anche se si affaccia con successo in televisione. Papa Francesco non ama il “politicamente corretto”, e se a volte si esprime un po’ sopra le righe come l’altro giorno, nessuno dubita della sua volontà di raccogliere nella Chiesa di Gesù – come dice spesso – tutti, tutti, tutti!».
La faccenda evocata da don Feliciani sul re che è nudo si può applicare a molti ambiti. Per esempio, io e la mia amica in questi ultimi tempi ci siamo trovati concordi nell’averne piene le scatole di sentir dire da esponenti politici nostrani con importanti responsabilità che «non c’è un piano B». Non c’è mai un piano B: lo si sostiene per questo o quest’altro argomento, soprattutto alla vigilia di verdetti popolari, come se in Ticino l’unico Plan B possibile fosse quello di Lugano sulle criptovalute. È un modo di porre le questioni ricattatorio, «diversamente intelligente», per dirla con don Feliciani. Un politico non può governare senza avere la capacità di saper guardare avanti oltre gli ostacoli e, tanto più nel nostro sistema democratico, deve adeguarsi alle decisioni del popolo e trovare le soluzioni per applicare quanto il «sovrano», mitizzato quando fa comodo, ha deciso. Altrimenti – ha concluso giustamente la mia amica – non faccia il politico e vada a casa. Oppure sia previdente, raggruppi le eccellenze del Paese e istituisca un centro di competenze dei piani B, con qualche cautela, per evitare che il tutto si trasformi in una bagarre come quella vista questa settimana in Gran Consiglio sui contenuti e sulla tempistica di uno studio del Centro di competenze tributarie della SUPSI. Bagarre che lascia un dubbio: lo scontro finito in politica non è forse anche il frutto dei veleni e delle lotte negli ambienti accademici, all’ombra dell’eccellenza?