L'editoriale

Il voto del 2 aprile è un banco di prova

Osservando, qui dal nostro Ticino, gli alti tassi di astensionismo registrati domenica scorsa alle elezioni regionali nella vicina Italia, la sensazione è stata quella di un déjà vu
Paride Pelli
17.02.2023 06:00

Osservando, qui dal nostro Ticino, gli alti tassi di astensionismo registrati domenica scorsa alle elezioni regionali nella vicina Italia, la sensazione è stata quella di un déjà vu. Si tratta di numeri da profondo rosso: in Lazio l’affluenza alle urne è caduta al 37,2%, mentre in Lombardia, prima regione italiana per popolazione, si è assestata al 41,6%. La mente è corsa alle nostre ultime elezioni cantonali, nel 2019, dove a esprimersi per il rinnovo del Governo fu il 59,3% degli elettori (secondo peggior dato della storia), con un calo di tre punti percentuali rispetto al 2015. Interessante come da noi, all’epoca, solo un elettore su dieci si recò ai seggi, tutti gli altri preferirono – ça va sans dire – il voto per corrispondenza. Per chiudere con i numeri e per rendere bene l’idea, nel 1963 – un’altra epoca davvero – a votare per il rinnovo del Consiglio di Stato fu l’80,6% degli elettori. Un picco vertiginoso, a guardarlo oggi. Tutte queste cifre, che segnalano una tendenza precisa, e per i più pessimisti anche irreversibile, destano alcune riflessioni, poiché alla lunga una democrazia non può restare in salute ed essere autorevole se la partecipazione degli elettori segna cedimenti costanti. Tecnicamente, anche se andasse a votare soltanto una minuscola parte degli elettori, la democrazia continuerebbe a respirare e le istituzioni resterebbero operative. Probabilmente anche per i politici cambierebbe poco. Ma va da sé che i cittadini – tutti – si troverebbero in una situazione difficile. In Svizzera, con la nostra democrazia semidiretta e con le abbondanti occasioni che ci vengono date per esprimerci politicamente, siamo ancora relativamente «fortunati». L’estate scorsa, sulla base di uno studio condotto a San Gallo, abbiamo infatti saputo che l’80% dell’elettorato elvetico partecipa ad almeno una votazione sull’arco di una legislatura. Certo, ogni votazione è a sé. Iniziative e referendum, con i loro temi spesso di interesse tangibile per i cittadini, fanno discutere, e quanto più l’argomento è «viscerale» tanto più si va a votare. Si veda, a tal proposito, l’affluenza molto diversa registrata dal voto su finanziamento a Frontex (maggio dell’anno scorso) e da quello sulla Legge COVID (novembre 2021). Discorso ancora differente per le più tradizionali elezioni politiche, dove contano le fasce di età, il genere e la residenza (in non poche occasioni gli abitanti dei grandi centri si sono mostrati più disinteressati al voto). Ma a conti fatti fino ad oggi, nella Confederazione siamo ben lontani dall’astensionismo che possiamo osservare in Italia. Le prossime elezioni cantonali ticinesi del 2 aprile saranno, da questo punto di vista, un vero banco di prova. Anche per tutte quelle aspettative in termini di sicurezza, libertà e diritti che la pandemia ha generato nei cittadini e che non sappiamo se si tradurranno in una maggiore affluenza alle urne.

Una cosa possiamo però rilevare fin da oggi. Lo facciamo per intuizione, senza il supporto delle statistiche, e il futuro potrà darci ragione o smentirci. Là dove diminuisce la fruizione delle notizie, e specialmente dove calano i lettori dei quotidiani, termometri sensibilissimi della società, diventa anche più probabile una minor partecipazione al diritto e dovere democratico del voto. Non importa se molti potenziali elettori passino le giornate ad azzuffarsi sui social: il recente caso italiano dimostra che a una marea di discussioni politiche su Facebook o Twitter non necessariamente segue un percorso verso le urne. Accapigliarsi sui social è una cosa, informarsi sui programmi di un partito e sui suoi candidati è un’altra, e ben più seria: per farlo servono strumenti informativi realizzati da giornalisti che si occupano di capire, mediare e raccontare con obiettività e senso critico i contenuti della politica. 

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