La noia e i sorrisi

Chissà se questa campagna elettorale si risveglierà in dirittura finale? Difficile, anche perché in un sistema consociativo si tende pubblicamente a smussare gli angoli fin dall’inizio. Non solo nei confronti degli avversari politici, con cui si è bene o male destinati a collaborare, ma anche nei confronti dei propri compagni di partito, che spesso sono i veri avversari contro cui ci si misura. Fanno storia a sé le aspre polemiche sulla destra, simbolizzate dai misteriosi «coglionazzi».
In ogni caso può essere curioso valutare come i quasi mille candidati si confrontino a suon di sorrisi e a suon di slogan, giustamente vogliosi di distinguersi e di restare impressi nella mente di chi potrà votarli. Forse per questa ragione la stragrande maggioranza sorride da molti e diversificati supporti, con bocca più o meno aperta e dentatura più o meno in evidenza. Con il risultato che finora ricordiamo soprattutto i pochi che non sorridono e che forse sono, o saranno, la vera e scarsa opposizione nel nostro parlamento. Insomma chi fa opposizione si presenta serio e magari un po’ incattivito, poiché soprattutto con i tempi che corrono c’è poco da ridere. In particolare da quando l’articolato sondaggio telefonico RSI ha rilevato che il 43.3 % dei ticinesi pensa che la «qualità di vita» è peggiore da noi rispetto al resto della Svizzera. Arrivando in tutta fretta alla mesta conclusione che «in Ticino non si vive mica tanto bene» e dimenticandosi così che la maggioranza (44.2%) ha risposto che la qualità di vita da noi è «migliore» (12.7%) o «uguale» (31.5%). Un classico esempio di notizia cattiva che cancella automaticamente quella buona.
Non facciamo nomi, ma fra gli slogan più curiosi vi è quello del candidato che esorta con il punto esclamativo: «Restiamo sui binari!». Una scelta discutibile che mira a valorizzare una solida e ferrea continuità, ma che evoca purtroppo un’immagine cupa nell’attesa di chissà quale treno. Ci sono poi i due gemelli che si presentano insieme, ma in due partiti diversi: liberale e verde liberale. Sono «gemelli diversi» che si autodefiniscono «giovani, preparati e motivati». Con la loro startup di impronta ecologista hanno già vinto un premio nazionale (complimenti!) e il loro sorriso giovane di gemelli visibilmente non monovulari (se no sarebbero forse nello stesso partito) è fresco. Ma quale voto di lista sceglieranno mamma e papà?
C’è poi chi si presenta sottoforma di caricatura con la maglia del fu FC Chiasso, invitando a votare il suo numero 10, il massimo a cui potesse aspirare un calciatore almeno fin quando i numeri arrivavano all’11. Il minimo, vista la fine che ha fatto il povero e glorioso FC Chiasso, ma facciamo che il rossoblù è quello della squadra «Città Ticino» per cui nessuno fa il tifo. C’è poi chi si presenta con «un occhio attento al Ticino», che per chi vuole entrare nel nostro Gran Consiglio non è il massimo dell’originalità. Una legge fondamentale quanto scontata della comunicazione insegna che ciò che è «nuovo» è di norma più interessante di ciò che è «dato», risaputo, per cui, tanto per dire, l’aggettivo «sostenibile» non ha più molto valore visto che lo sostengono un po’ tutti. Mentre il politicamente corretto in favore di un bel Ticino «per tutte e tutti» viene disatteso proprio da chi dice «l’opposizione siamo noi». Con però un unico maschietto assieme a due donne in un trio di uscenti che invitano a sostenere «i nostri candidati» e a «far eleggere i deputati». E le candidate, e le deputate? Che fine ha fatto il povero asterisco al posto della «i» (o della «e»)? Ma gli asterischi in campagna scarseggiano, un po’ meno i punti esclamativi. Ce ne vengono in mente altri due: «Portami a Bellinzona!» (il rossoblù rimasto purtroppo senza squadra) e «L’apprendistato è finito, dammi fiducia!» (un bianconero che di apprendistato se ne intende). E allora, soprattutto rispetto al futuro di certi temi fondanti (demografia e giovani, lavoro e innovazione, perequazione finanziaria federale…), «Forza Ticino!». Con un sentito punto esclamativo, così sovrabbondante in rete e nei social, ma innocuo in una campagna elettorale piatta e molto corretta.