Il commento

La politica della BCE su una strada discutibile

Solo le forze del mercato e l'incombere dell'insolvenza portano a veri risultati
Carlo Rezzonico
Carlo Rezzonico
05.08.2022 06:00

Quando una nazione vive al di sopra delle sue possibilità, non attua tutte le riforme necessarie e si indebita eccessivamente, gli investitori diventano diffidenti nei suoi confronti. Giudicano che i titoli emessi dallo Stato presentano rischi forti ed esigono pertanto un rendimento elevato. Viceversa una nazione avente i conti in regola riceve fiducia e può offrire rendimenti bassi. Tra i tassi di interessi della prima e quelli della seconda si crea una differenza e tale differenza è utile per almeno tre ragioni. In primo luogo segnala l’esistenza di squilibri in certi Paesi. In secondo luogo induce questi Paesi a prendere provvedimenti per rimediare. In terzo luogo rappresenta un incentivo a evitare in futuro la ripetizione dei medesimi errori.

Tutto questo è così equo ed elementare che sembra superfluo parlarne, però non piace a Christine Lagarde, la presidente della Banca centrale europea (BCE). Così l’Istituto di Francoforte ha messo in cantiere un sistema per ridurre le differenze tra i tassi di interesse pluriennali nell’ambito della zona euro (e quindi sopprimere quelle funzioni assai utili di cui si è appena detto). I contorni dell’iniziativa non sono ancora precisi, però sembra che il tutto debba sfociare nell’acquisto di titoli degli Stati deboli e nella vendita di strumenti analoghi emessi dagli Stati forti. Secondo la BCE le operazioni in questione faciliterebbero la trasmissione della sua politica monetaria e ridurrebbero la frammentazione del mercato dei capitali europeo. Qui si impongono due osservazioni. Innanzitutto la politica monetaria deve concernere la moneta, ossia gli averi a vista o a brevissima scadenza, e non titoli pluriennali; problemi della trasmis-sione sorgono se il sistema bancario non funziona a dovere per cui, se interventi occorrono, si deve migliorare l’efficienza in questo campo. Poi bisognerebbe considerare, non la frammentazione del mercato dei capitali, bensì un’altra frammentazione, consistente nella diversa qualità, tra nazione e nazione, della politica economica e finanziaria; tolta di mezzo questa, la prima scompare da sé.

 Mi auguro che la Germania, nella quale molti ambienti a ragione si oppongono a parificazioni e livellamenti su larga scala nell’ambito dell’Unione europea, agisca affinchè l’applicazione del sistema escogitato dalla BCE sia blanda e causi il minor danno possibile. Forse il tutto è rimasto vago («Sul meccanismo anti spread la BCE gioca a carte coperte», ha titolato Il Sole 24 Ore) proprio per tener conto di riserve tedesche. Il nostro vicino del Nord acquisirebbe un merito che, sia pure in piccola parte, compenserebbe certi errori della Merkel. Tali errori non sono consistiti soltanto nel creare, nonostante ripetuti moniti americani, una dipendenza dalla Russia nel campo dell’energia, che ora mette in serio imbarazzo l’Occidente di fronte all’aggressione contro l’Ucraina, ma riguardano anche il campo monetario. Infatti la Merkel, per il posto di presidente della BCE, non appoggiò Axel Weber né Jens Weidmann, due personalità con le migliori qualifiche per dirigere la politica monetaria nell’area dell’euro e preservare il prestigio dell’Istituto. In tal modo ha spianato la strada al lassismo di Mario Draghi e Christine Lagarde. Ora l’area dell’euro si trova ad avere una inflazione dell’8,9% mentre la moneta comune contro il dollaro è passata da circa 1.38 a fine 2013 a circa 1.02 nel momento in cui scrivo. Davvero una brutta pagella per Draghi, Lagarde e, indirettamente, Merkel.

C’è da osservare infine che i favori della BCE nel decennio trascorso hanno concesso larghissimo tempo alle nazioni bisognose di riforme e fortemente indebitate per migliorare in modo sostanziale la loro situazione. Quel tempo è trascorso quasi inutilmente, a dimostrazione del fatto che, per raddrizzare certi scompensi, le semplici esortazioni e le compiacenze non servono. Solo le forze del mercato e l’incombere dell’insolvenza, ossia nel caso nostro le differenze nei tassi di interesse, portano a risultati apprezzabili.