La Posta di Carlo Silini

Basta una lucertola o una farfalla per non sentirsi soli

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Carlo Silini
26.09.2022 06:00

Una mia semplicissima personale riflessione. Per il quotidiano vivere necessitiamo qualcosa o qualcuno a fianco. Può essere un fiore, una lucertola, una farfalla, un passerotto, un animale qualsiasi, o può essere una persona che sostiene e crede in ciò che si fa, o può essere la Fede per chi, come dono ce l’ha. Tutto può essere con lo spicchio d’Amore con la A maiuscola. Senza quel qualcosa o qualcuno a fianco, sempre dal mio umile punto di vista, non si vive. L’umano essere, giovane o non giovane non è mai uno scarto, è un essere in cammino che necessita qualcosa o qualcuno. Vivere senza nulla non è vivere, basta poco, un po’ di dolcezza a fianco da qualsiasi parte giunga. In ogni modo una mano giunge, qualsiasi essa sia e da quale luogo non è dato sapere ma la mano a fianco il buio cancella facendo percorrere la soffice via.

Elena Ghielmini
Sorengo

Cara Elena Ghielmini, la invidio un po’. Vorrei poter dire, come lei, che anche un fiore, una lucertola o una farfalla mi fanno compagnia. In realtà di solito non è così. Per quanto mi riguarda, so che sono le persone, gli «altri me», in particolare gli altri me che amo e che mi amano, a riempire davvero i miei giorni. Lo dico senza pudori e senza reticenze: per vivere bene ho bisogno degli altri, dell’«altro», della sua presenza fisica o morale, dei suoi sorrisi, delle sue conferme e a volte persino dei suoi rimproveri. Non vorrei sembrare troppo grezzo, ma ho bisogno anche della «materia» degli altri, del loro corpo, delle loro strette di mano, dei loro abbracci, dei loro cenni d’intesa. La pandemia mi ha definitivamente convinto che l’uomo è un animale tattile, come gli elefanti. Se osservate qualche documentario sui pachidermi vedrete che le mamme elefanti stringono spessissimo a sè i loro piccoli con la proboscide. Vien da pensare che i cuccioli di ogni specie non possano farcela, nel mondo, se non sono stati stretti abbastanza tra le braccia (o le zampe) di chi li ha generati. E sono convinto che questo valga anche per chi cucciolo non lo è più da un pezzo. Non per tutti è così. C’è chi sta molto meglio da solo, senza contatti fisici, auditivi o visivi col prossimo. Perché a volte la vicinanza con i propri simili è deludente e più lontano sono meglio è. La solitudine, in questi casi, è un male minore, non un bene maggiore - come pare invece essere nel suo caso. La sua, cara Elena, sembra infatti essere una vita che sa godere delle piccolissime cose, di ogni forma di esistenza e prossimità, non solo umana, che interseca i suoi giorni. Mi dà l’idea di una profonda sintonia con la natura che ci ha generato, di una fortunata interiorizzazione di valori spirituali e religiosi che riesce davvero a trascendere la condizione di finitezza nella quale siamo costantemente immersi. È a questa dimensione di pace con se stessi, col mondo e con l’invisibile che dovremmo tutti tendere. Beato, letteralmente beato (cioè felice), chi ci riesce.