La posta di Carlo Silini

Ma quanto vale in questi tempi un tozzo di pane?

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Carlo Silini
24.09.2022 06:00

Caro signor Silini, sono uno dei tantissimi nati nel 1942, anni della guerra. Venuto in un mondo preservato dal conflitto ma ugualmente provato dalla povertà di quei tempi. Sono uno dei tanti che grazie alla civiltà contadina avevano della terra da coltivare, animali da cortile come galline, oche e conigli e anche il maiale. Quindi, della carne da affiancare alle verdure, patate e alla polenta. Le case tappezzate di pannocchie e tabacco ad essiccare, compresi ballatoi e corti che rappresentavano molto bene la realtà di quei tempi. Sul tavolo della cucina non mancava mai il pane, spesso preparato e cotto in casa. Un alimento sano e insostituibile. Guai a perderne un pezzo o buttarlo. Quello avanzato o secco, era utile per il pancotto o la torta di pane. Ma aveva anche un forte significato religioso. Ce lo insegnava (e ce lo insegna) l’Eucarestia con l’Ultima cena e la fede che regnava in famiglia. Era un valore che non veniva messo in discussione. Oggi, purtroppo, abbiamo perso molto di tutto ciò che i nostri nonni e genitori ci avevano insegnato. Noto quasi ovunque molti pezzi di pane buttati fra altri alimenti o nei rifiuti. Eliminato senza più rispetto né religioso, né di carità. E questo fa male, molto male. Siamo debitori di molto alla religione, alla fede e al principio di evitare gli sprechi alimentari ma recuperarli come si faceva a quei tempi. Ci sono ancora persone che osservano questi principi. Ma siamo rimasti in pochi. Lei, signor Silini, ne è preoccupato?

Giacomo Realini, Caslano

La risposta

Caro Giacomo Realini, entriamo a capofitto in una stagione di risparmi necessari: abbiamo trascorso l’estate senza innaffiare il giardino o l’orto per non sprecare acqua, siamo chiamati a spegnere luci e apparecchi collegati alla corrente per capitalizzare energia per l’inverno, si paventano perfino dei blackout. L’aria che tira non è quella del ’42: nessuno qui patisce la fame e per ora non si parla di razionare alimenti o prodotti essenziali come nel secondo conflitto mondiale. Ma anche quella di oggi è un’aria sospinta dai venti di guerra e – anche se è sbagliato sprofondare nell’allarmismo (la paura è una pessima consigliera) – nessuno vede davanti a sé orizzonti di pace e di prosperità. In questo clima globalmente avvilito e avvilente il richiamo al valore della sobrietà nel consumo di qualsiasi prodotto è sacro come il pane eucaristico e il pane tout court. Abbiamo dato per scontata la michetta sul tavolo e siamo forse troppo viziati per renderci conto che l’espressione «vale un tozzo di pane» non dovrebbe significare «vale poco», ma il contrario.. Prima di tutto per rispetto verso chi già oggi quel tozzo di pane non ce l’ha. La fine della sospensione dei carghi navali di cereali dall’Ucraina verso l’Africa è più importante dell’agognata fine della crisi energetica (che ovviamente tutti auspichiamo). Se il riscaldamento non è bollente, ci si mette il maglione, ma se lo stomaco è vuoto non si può mangiare aria. La civiltà umana nasce e prospera attorno ai forni. Il pane è vita anche senza companatico. Non a caso è stato simbolicamente scelto dal fondatore del cristianesimo come porta d’accesso al contatto con Dio.