Pedofilia nella Chiesa, è la fine di quale segreto?
Egregio signor Silini, la gerarchia cattolica svizzera (preferisco questo termine a quello di Chiesa) si dà finalmente la sveglia sul grave problema degli abusi su minori (di ambo i sessi). Meglio tardi che mai. Nel suo commento del 6 aprile, che condivido al 99%, mi sembra che aleggi, come un fantasma, la questione del segreto confessionale e, inevitabilmente, dello stesso sacramento della confessione in forma privata, istituito da papa Innocenzo in occasione del concilio Laterano del 1215 e che pertanto non ha alcuna base evangelica. Esso ha permesso agli abusatori di cavarsela dalle loro malefatte nel segreto (inviolabile!) del confessionale, invece di andare prima a chiedere perdono alle loro vittime, prima di accostarsi all’altare, come si legge nelle scritture (non ricordo più dove, ma c’è). E, dopo essere convinti così di aver ottenuto il perdono di Dio, magari continuare ad abusare, tanto poi si sarebbero confessati di nuovo, sicuri che Dio perdona sempre. Non per nulla Martin Lutero, di ritorno da Roma, scandalizzato dal mercato delle indulgenze, ha tra l’altro abolito proprio il sacramento della confessione. Sappiamo come ha reagito la Chiesa con la controriforma e i roghi dei cosiddetti eretici e da Lutero sono passati 5 secoli. Ma non è mai troppo tardi!
Gabriele Chiesi, Giubiasco
Caro Gabriele Chiesi, in quel commento non intendevo polemizzare con il segreto del confessionale, o rivendicare la fine della confidenzialità sulle colpe dei fedeli rivelate al prete nell’ambito del sacramento della riconciliazione, noto col nome di «confessione». Il segreto a cui facevo riferimento era quello dei documenti archiviati dalle diocesi relativi ai casi di pedofilia nel mondo ecclesiale. Presto, infatti, su mandato della Conferenza dei vescovi svizzeri le nostre chiese locali dovranno aprire i cassetti con gli incarti riservati per consegnarli ai responsabili dell’inchiesta scientifica indipendente sugli abusi sessuali in ambito cattolico. Si tratta dell’apertura di archivi delle Diocesi che fino ad oggi sono sempre stati sotto chiave: una scelta che permetterà di farsi un’idea più precisa sul numero di abusi avvenuti a margine delle nostre chiese. Un gesto di trasparenza e coraggio che non era affatto scontato, soprattutto se si pensa che numerosi casi riguardano i decenni passati e per la giustizia civile sarebbero caduti in prescrizione. Segno che, finalmente, la Chiesa procederà ad una rilettura autocritica non generica della propria politica di protezione dei colpevoli. È vero, tuttavia, che il segreto del confessionale può aver protetto molti colpevoli, anche se è triste pensare che un prete, dopo aver sentito da un confratello l’ammissione di abusi su minori, possa aver concesso l’assoluzione senza pretendere che si autodenunciasse alle autorità civili per espiare i suoi reati, o religiose per evitare che li ripetesse protetto dalla sicurezza sacramentale di non essere denunciato. Ma questo è un tema molto complesso (che tocca pure le confessioni dei mafiosi) e meriterebbe un altro spazio di riflessione tutto suo in futuro.