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Libri e musica indispensabili

Un intraprendente «tipografo», Arnoldo Mondadori, pubblicò centodieci anni or sono il primo libro di quella che sarebbe stata la più vasta casa editrice italiana dal dopoguerra agli anni sessanta – E fu molto legato a Lugano
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
07.10.2022 06:00

Ci sono personalità alle quali dobbiamo gratitudine per il loro contributo allo sviluppo di attività preziose in ogni campo. Dalle scienze all’arte alle conquiste sociali. Sono tante. Hanno contribuito alla crescita dell’umanità. Dobbiamo gratitudine ai primi diffusori dei libri, senza i quali la società sarebbe stata ancora cullata solo dalle narrazioni orali. Le diffusioni editoriali risalgono all’inizio del Novecento. E proprio un intraprendente «tipografo», Arnoldo Mondadori, pubblicò centodieci anni or sono il primo libro di quella che sarebbe stata la più vasta casa editrice italiana dal dopoguerra agli anni sessanta. Iniziò con le copertine dure e concluse la sua carriera con libri accessibili a tutti per i costi ma anche con i Meridiani, una collana non a buon mercato ma che ha il pregio di raccogliere anche in un solo volume a pagine sottili tutte le opere dei maggiori autori internazionali. Fu molto legato a Lugano, da dove durante la guerra continuò a progettare per la sua casa editrice occupata dai tedeschi. Aiutato da alcune personalità locali poté soggiornare qui, a Paradiso, e spesso andava in piazza a conversare con amici ticinesi, fra i quali l’avvocato Pino Bernasconi, che fece molto per gli esuli. Con la sua collana più celebre, la Medusa, dalle mitiche copertine verdi, Mondadori portò ai lettori di lingua italiana i grandi narratori internazionali e nella stessa, in versione economica, pubblicò il ticinese Felice Filippini, che non fu solo pittore. Nel 1912 fondò «La Scolastica» e diffuse nelle scuole i libri di studio. E grazie a lui si diffusero anche i libri per l’infanzia, racconti e novelle. Senza la Svizzera non avrebbe potuto continuare e ancora una volta è utile ricordare il ruolo che il Ticino ha avuto nell’accoglienza. La diffusione dei libri, un po’ in crisi, porta il mondo in casa, dalla narrativa alla saggistica, e nonostante il disinteresse di tanti giovani e la prevalenza dei canali che offrono film, la cultura deve crescere. Occorre alimentarla, con letture, eventi e offerte. Ogni evento culturale è prezioso ma lo sono anche le feste popolari, criticate talvolta per l’afflusso di gente considerato invasivo per la quiete consueta che purtroppo spesso è silenzio angoscioso. Di rilievo internazionale Lugano non ha molto. La sua unica grande tradizione è quella musicale; la storia della nostra Orchestra, i grandi maestri che l’hanno diretta, la varietà delle offerte. Questa può essere la via maestra, fra Milano e la Svizzera, di tradizione, di alto valore. I giovani che animavano i concerti del festival di Martha Argerich hanno fatto tutti una brillante carriera. Sparsi per mezzo mondo, ormai sono concertisti richiesti ovunque. Era un evento che nobilitava. Avere coltivato questa pianta mostra i suoi frutti. Una nuova casa della musica nell’edificio della vecchia RSI creerà entusiasmo e irrobustirà quella tradizione che dalla fondazione della Radio Orchestra, novanta anni fa, ha portato a Lugano direttori e solisti di fama. Le pregevoli offerte dell’OSI e di Lugano Musica continuano su quella strada con concerti di livello molto elevato e la loro valorizzazione resta un dovere sociale, non solo culturale.

Mondadori iniziò con coraggio e il coraggio è la forza dei successi. Dai romanzi alla musica all’arte arrivano le forze per la crescita civile. Senza libri e senza musica, disse un filosofo, la società si impoverisce. Il Ticino ha pagine di storia musicale importanti e nobilitanti per una terra meta di artisti e scrittori. A Gentilino, vicino a Hermann Hess riposa una delle bacchette più celebri del Novecento, Bruno Walter; qui soggiornò von Karajan, qui visse Arturo Benedetti Michelangeli e qui Leoncavallo e Puccini composero due delle opere più celebri, Pagliacci e Manon Lescaut. Nel loro ricordo sarebbe preziosa una giornata rievocativa di quanti qui hanno lasciato un segno.

C’era una ragione, allora come oggi, per scegliere questi scenari. Non disturbano le feste popolari in quello che altrimenti sarebbe un deserto cittadino. Sono arrivati in tanti da fuori e restano richiami paesaggistici che li porteranno ancora. Lo Spartaco nel patio del Municipio evoca il Risorgimento italiano e una volta venivano i turisti anche per vedere un territorio che aveva alimentato la libertà e garantito l’asilo. Ricordiamoci che dal lago partirono tanti costruttori che da Roma a San Pietroburgo al Nord Europa hanno innalzato i palazzi più celebri, come quello da cui, da secoli, si affaccia il Papa.