L'editoriale

L'orgoglio in tartan di mister Yousaf

È più o meno con lo sguardo sbalordito di Gene Wilder nella scena immortale di Frankenstein Junior che qualcuno avrà reagito ad una delle inquadrature più sorprendenti di tutta la cerimonia dell’incoronazione di Re Carlo III: ci riferiamo al momento in cui a fare il loro ingresso solenne è toccato al primo ministro di Scozia e consorte
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
19.05.2023 06:00

Si… può… fare!!! È più o meno con lo sguardo sbalordito di Gene Wilder nella scena immortale di Frankenstein Junior che qualcuno avrà reagito ad una delle inquadrature più sorprendenti di tutta la sfarzosa cerimonia dell’incoronazione di Re Carlo III d’Inghilterra. Ci riferiamo al momento in cui con addosso gli occhi di mezza abbazia di Westminster a fare il loro ingresso solenne e con il massimo degli onori è toccato al primo ministro di Scozia, nonché da qualche mese leader del Partito Nazionale Scozzese, e consorte. Nella persona del trentottenne di Glasgow signor Humza Haroon Yousaf (padre pachistano e madre punjabina nata in Kenya) e di sua moglie, Nadia El-Nakla, nata a Dundee da genitori palestinesi. Ebbene, quasi che su di loro vegliassero con celtica benevolenza gli spiriti di Rob Roy McGregor e di tutti i giacobiti eroicamente caduti a Culloden Moor, in quei lunghi istanti è sembrato che, a dispetto dei cognomi e dei tratti somatici dei due coniugi, mai tanta fiera e orgogliosa «scozzesità» avesse varcato la soglia del sancta sanctorum dell’anglicanesimo «sassone» (come direbbero sprezzanti oltre il vallo di Adriano). Anche grazie all’islamic tartan dei tessuti coordinati del kilt di lui e dell’abito di lei, quasi come quello che Yousaf indossava a Holyrood (il Parlamento di Edimburgo) il giorno del giuramento (pronunciato in lingua urdu, si badi bene) e da lui stesso creato insieme ad altri colleghi universitari musulmano-scozzesi che pervasi di cultura gaelica non intendevano tuttavia usurpare linee e colori altrui (ogni specifico tartan in Scozia incarna un forte valore identitario, rappresentando un clan, una famiglia o una regione e deve essere approvato da un apposito registro) mostrando così molto più rispetto di tanti sprovveduti turisti che abusano allegramente di quel tessuto comprando scampoli e indumenti a caso su e giù per la Royal Mile. «Non devo spiegare a nessuno la mia opinione sulla monarchia britannica - ha spiegato alla vigilia della cerimonia il primo ministro, noto come visceralmente repubblicano -, ma ho promesso di rappresentare al meglio il sentimento di tutti gli scozzesi e so come la pensa in proposito buona parte dei miei compatrioti».

L’antico e rigido protocollo dell’incoronazione ha voluto che praticamente accanto al figlio, in kilt, di un autista di autobus pachistano si trovasse un certo Rishi Sunak, giovanotto elegante, prodotto delle migliori università del regno e rampollo dell’élite delle famiglie di origine hindu. Un signore di successo già Cancelliere dello Scacchiere ormai più ricco persino del proprio sovrano ora leader del Partito Conservatore e, guarda un po’, primo ministro in carica del Regno Unito. E appena dietro di loro, affiancato dal minuscolo e meraviglioso presidente-poeta Michael D. Higgins, ecco il taoiseach dell’Eire, vale a dire il premier della Repubblica d’Irlanda, dottor Leo Varadkar, padre indiano immigrato da Bombay, medico ultraliberal nel Paese più cattolico d’Europa, sostenitore delle minoranze etniche, favorevole all’aborto e, ovviamente, ai matrimoni omosessuali, visto che lui stesso è serenamente gay (e sono soltanto cinque i capi di Stato in tutto il mondo a dichiararsi tali). Humza, Rishi e Leo; Scozia, Regno Unito e Irlanda, in pochi cristianissimi metri quadrati, tre premier democraticamente eletti, tre persone diverse per storia, religione, visione politica, estrazione sociale, accomunate però dalla provenienza: quella dal subcontinente indiano, Asia meridionale. Ma anche tre simultanee storie di successo (non solo politico) fatte di identità, integrazione, rispetto reciproco, democrazia, osmosi culturale e decolonizzazione positiva che danno speranza per il futuro. Una contingenza istituzionale esemplare, inedita e straordinaria salutata dai media d’oltremanica con una scontata allusione cinematografica: «L’impero colpisce ancora!». Ma avercene di imperi così.