Il commento

Lugano Plan B, un dibattito con discorsi precotti

Ha il sapore dell’occasione sprecata la discussione generale sul tema Plan B - l’avventura di Lugano nel mondo delle blockchain e delle criptovalute - lunedì sera in Consiglio comunale
Federico Storni
08.02.2023 06:00

Troppo poco. In quantità e in qualità. Ha il sapore dell’occasione sprecata la discussione generale sul tema Plan B - l’avventura di Lugano nel mondo delle blockchain e delle criptovalute - lunedì sera in Consiglio comunale. Discussione peraltro voluta dal Legislativo stesso. Ma discussione che in realtà non c’è stata, perché non è nata alcuna dialettica: un esponente per partito ha letto per qualche minuto un discorso precotto e morta lì. Nemmeno l’intervento del sindaco Michele Foletti, che neanche troppo velatamente ha rimarcato come il Consiglio comunale fosse arrivato impreparato all’appuntamento, ha saputo scuotere gli animi.

L’esercizio si è insomma limitato al posizionarsi. Plan B no, Plan B certo, Plan B sì ma attenzione. Nessuna sorpresa, nessun particolare approfondimento sul tema. Nemmeno a livello propositivo: dai banchi dei favorevoli, infatti, non sono stati avanzati spunti o suggerimenti per migliorare il progetto, o costruire qualcosa sulle sue basi.

I critici, dal canto loro, non hanno saputo mettere in difficoltà il sindaco, anzi. Questa affermazione di Foletti, per esempio, non ha fatto alzare nemmeno un sopracciglio: «È chiaro che l’adozione del bitcoin in El Salvador non piace: le banche americane hanno perso 400 milioni di dollari all’anno in commissioni sui soldi che i salvadoregni espatriati hanno rimandato a casa». Parlava a braccio, il sindaco, e forse si è spiegato male. Fatto sta che l’affermazione è come minimo fuorviante. Quattrocento sono i milioni che le società di servizi finanziari come Western Union (non le banche) potrebbero perdere se tutti i soldi degli expat tornassero in patria in bitcoin. È un grosso «se», dato che nel primo anno di implementazione i soldi effettivamente versati in bitcoin sono stati fra l’1 e il 2% del totale. Per una perdita in commissioni che si situa quindi fra i 4 e gli 8 milioni. Non 400. Nessuno lunedì lo ha contestato, però. Solo Fulvio Pelli ha saputo rintuzzare Foletti quando il sindaco ha sostenuto che la Città sta sviluppando tecnologie per aiutare i Paesi meno fortunati: «Non mi si venga a raccontare che chi ha favorito il Plan B l’ha fatto per aiutare i poveri messicani che non hanno accesso alle banche».

Se da un lato la partnership con Tether è ad assodato rischio reputazionale («Se Tether andasse a gambe all’aria faremmo una bruttissima figura - ha detto Foletti -, ma non perderemmo un soldo e rimarrebbe la tecnologia»), dall’altro la tecnologia blockchain è stata praticamente plebiscitata dal Legislativo. Il suo sviluppo in città, per Lorenzo Beretta Piccoli (Il Centro), è «un possibile antidoto contro la fuga dei cervelli» e addirittura il socialista Carlo Zoppi ha detto che è «indubbio» che avrà un grande sviluppo in futuro. Non sono soli: anche diversi istituti finanziari tradizionali - alcuni sono peraltro coinvolti nel Plan B - stanno sperimentando questa tecnologia. Per alcuni è la parte sana del progetto della Città.

Ma anche la blockchain ha i suoi critici. Negli scorsi mesi 1.500 informatici, ingegneri del software e tecnologi hanno invitato alla prudenza. L’hanno definita «una soluzione in cerca di un problema» e non credono che possa avere un futuro, o che debba averlo (la presa di posizione si trova su concerned.tech, in inglese). Tornando a una recente iniziativa cittadina, ad esempio, viene da chiedersi che vantaggi ci siano a emettere un prestito obbligazionario da 100 milioni basato sulla tecnologia blockchain rispetto a farlo tramite i canali d’investimento ordinari (effetto novità a parte).

La domanda resta aperta. È uno dei diversi punti su cui si poteva dibattere, in una discussione generale degna di questo nome.