Politica, affari, nomine e poltrone
La campanella che ieri ha decretato la fine delle vacanze estive e ha dato il via al nuovo anno scolastico ci ha proiettato nella stagione della normalità. Ma il mese di agosto ormai alle spalle è stato invero poco «estivo» e spensierato, da una parte per l’escalation della polemica giudiziaria, tra segnalazioni, denunce e immagini sconvenienti girate all’interno del Tribunale penale, il terzo potere dello Stato. Poi c’è stato l’arresto del sindaco di Bioggio Eolo Alberti, sospettato di una serie di reati penali che riportano alla memoria la condanna pronunciata vent’anni fa nei confronti dello stesso Alberti per quella che era stata descritta come «la vicenda dei falsi medici del Malcantone» per reati quali appropriazione indebita, conseguimento di falsa attestazione, riciclaggio e ricettazione. In questo lasso di tempo colui che era già stato un esponente liberale radicale si è pure ritrovato in un cruciverba «made in PLR» che chiedeva: «Presidente di GLRT eletto a Balerna nel 1988». Eolo Alberti, appunto «eletto in un’affollatissima assemblea, 200 partecipanti con bus organizzati da tutto il cantone», si era rifatto una «vita pubblica». Alberti aveva lasciato il partito e bussato in via Monte Boglia, trovando accoglienza da parte della Lega rilanciando la sua carriera politica con la poltrona di sindaco a Bioggio e un seggio in Gran Consiglio.
Fatta salva la presunzione d’innocenza, dovuta ad ogni cittadino fino a sentenza definitiva, non si può mancare di sottolineare la seconda grande occasione avuta da Alberti, che conquistata la fiducia da parte di molti cittadini elettori è riuscito a fare dimenticare l’inciampo del passato. Non tutti hanno una seconda opportunità. Di fronte a questa realtà sarebbe oltremodo clamoroso se il procedimento in atto sfociasse in una nuova condanna. Ma rispettiamo le procedure e attendiamo serenamente l’esito dell’inchiesta, anche alla luce del prolungamento del carcere preventivo.
Qui non ci occupiamo però del «caso penale», ma del «caso politico» e del meccanismo delle nomine nei CdA delle aziende del parastato. Alberti lo scorso autunno è stato nominato dal Gran Consiglio quale membro del CdA dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC), da sempre uno dei gremi più graditi e cercati da parte di politici dediti alla carriera verticistica. Quando il suo nome era uscito sono state più le cose non dette di quelle dichiarate ora, a posteriori. In primis viene da citare la frase (tardivamente inelegante) del presidente dell’EOC Paolo Sanvido (pure lui in quota Lega) «ero contrario alla sua nomina». Vien da dire: parlare per tempo o tacere per sempre. Il nervosismo a posteriori è tutto leghista, di quel partito, ormai integralmente partitocratico, che ha voluto fortemente una «nomina politica», invitando chi sedeva su quella poltrona a non ripresentarsi per un nuovo mandato, perché la Lega lì voleva proprio un politico DOC. Alberti, nel frattempo, si era dato al business della sanità, lasciando però le cariche in essere per essere nominato «più trasparente possibile».
È difficile non intravedere in questo meccanismo per nulla virtuoso una commistione tra politica, affari, amicizie giuste e nomine blindate. La Lega e il solitamente sferzante (con gli altri) Mattino, hanno immediatamente scaricato quella pedina ritenuta essenziale solo pochi mesi fa. Così va il mondo, ed Alberti non fa ovviamente eccezione. Tutto questo fa poco onore a chi nelle istituzioni dovrebbe essere deputato ad assumere scelte responsabili, sostenute dalla competenza, non dall’etichetta partitica, men che meno dalla cerchia delle amicizie altolocate. Facendo astrazione dalla vicenda concreta, appare evidente che il meccanismo perverso debba essere scardinato. Nel parastato servono manager capaci, tecnici non influenzabili e molta più trasparenza. Un esempio virtuoso c’è, si tratta del CdA dell’Azienda elettrica ticinese (AET) che, dopo anni in balia del pettegolezzo politico, ed ermetico come un colapasta, con la nomina al vertice di Giovanni Leonardi è stato «spoliticizzato» e reso molto professionale. Ciliegina sulla torta l’assenza di un consigliere di Stato di riferimento, mentre in altri CdA (ad esempio EOC e Azienda cantonale dei rifiuti) c’è ancora. Sia ben chiaro che una nomina politica non è deleteria per principio, ma quando emergono casi che peccano di trasparenza e portano alla luce situazioni non perfettamente «cristalline», non è solo lecito, ma doveroso interrogarsi e capire cosa si può aggiustare, facendo autocritica. Il che è ben diverso che agire unicamente scaricando una persona facendo finta di non averla mai conosciuta, di non essere mai stati interessati alla sua forza e popolarità e non avere mai avuto intenzioni o relazioni con il comun denominatore di riferimento «gli affari» privati (nel quadro del rispetto della legge ovviamente). La commistione tra privato e pubblico (anche senza che lo Stato ne subisca un danno diretto) finalizzata a nomine e poltrone non può più essere tollerata.