Diritti e rovesci

Quanti anni aveva Carlos?

Un difficile ritorno per Stan Wawrinka, che sette anni fa, nel 2015, quando Alcaraz era un dodicenne, conquistò il Roland Garros
Flavio Viglezio
21.05.2022 06:00

Le polemiche sono solo un brutto ricordo. Sono passati quattro mesi dagli Australian Open  e dalla triste vicenda che aveva impedito a Novak Djokovic di scendere in campo a Melbourne. Il numero 1 al mondo – nemmeno lui è un robot – ha faticato a ritrovare le migliori sensazioni, ma ora si presenta al Roland Garros forte del titolo conquistato domenica scorsa al Masters 1000 di Roma. E con una gran voglia di raggiungere Rafael Nadal a quota 21 Grandi Slam. Lo spagnolo – re incontrastato alla Porte d’Auteil con i suoi 13 trionfi – arriva dal canto suo a Parigi con più dubbi che certezze. Fosse in piena salute, sarebbe ancora una volta il grandissimo favorito del torneo. Ma c’è un piede che lo fa soffrire parecchio e che gli ha impedito di rendere al meglio all’ombra del Colosseo, dove è stato eliminato da Shapovalov già allo stadio degli ottavi di finale.

Nole e Rafa – incredibile ma vero – si presentano insomma all’appuntamento con il secondo Grande Slam stagionale quasi a fari spenti. Già, in questa primavera i riflettori della ribalta se li è presi quasi tutti Carlitos Alcaraz. In un mondo del tennis che ha forse bisogno di nuovi idoli dopo il lunghissimo dominio dei «big three», il 19.enne di Murcia è già stato dipinto come il nuovo fenomeno mondiale della racchetta. In Spagna stravedono per lui e gli addetti ai lavori lo hanno definito l’erede naturale di Rafa. Che proprio a 19 anni vinceva il suo primo Roland Garros. Alcaraz è forte, fortissimo. A tratti devastante.  Ha vinto i Masters 1000 di Miami e di Madrid e si è imposto pure a Rio de Janeiro e a Barcellona. Ed è già al sesto posto della classifica ATP. Alacaraz ha davanti a sé un futuro luminosissimo e sarà magari proprio lui, tra poco più di 15 giorni, ad alzare al cielo la Coupe des Mousquetaires. Con gli illustri paragoni è però meglio andarci piano. Sono tanti – negli ultimi vent’anni – i promessi fenomeni stritolati da attese più grandi di loro, dalla mancanza di continuità, dallo strapotere dei tre extraterrestri. Ci vuole un fisico bestiale – canterebbe Luca Carboni – per reggere la pressione. E per Carlitos da Murcia – che da bambino tifava Federer e non Nadal – quello di Parigi è il primo grande test. Sarà interessante osservare se e come lo supererà.

 

Sì, tifava Federer, il piccolo Alcaraz. Aveva 6 anni, quando nel 2009 Roger conquistava il suo unico trionfo sulla terra rossa di Parigi. Oggi il basilese ne ha 40 – 41 in agosto – ma ogni Grande Slam senza di lui è un po’ come una pugnalata al cuore. Se si fosse già ritirato, ce ne saremmo fatti una ragione. Ed invece Federer ad oggi è ufficialmente ancora un tennista in attività. Pubblica sui «social» qualche foto dei suoi allenamenti, afferma nelle rare interviste che rilascia di essere motivatissimo. È una battaglia tra la ragione e il cuore: la prima ci dice che nulla potrà mai essere come prima, il secondo lascia aperto un piccolissimo spiraglio di speranza. Tornerà davvero, Federer? Quando? In quali condizioni fisiche? Al momento nessuno lo sa, probabilmente nemmeno lui. E nel corso di questa lunga attesa – Roger non gioca dal luglio dello scorso anno – abbiamo per necessità scoperto un nuovo modo di seguire il tennis. Vent’anni di Federer non si possono scordare così, da un momento all’altro. È un lutto sportivo impossibile da elaborare completamente, fino a quando Federer non dirà «basta». Quanto è complicato emozionarsi per davvero, senza il basilese in campo.

 

Faremo il tifo per Wawrinka, allora. Anche il vodese, a 37 anni, cerca un difficile come-back. Sette anni fa Stan trionfava a Parigi al termine di una finale epica contro Nole. Era il 2015, Carlos Alcaraz aveva 12 anni.