Pensieri dal battellino

Quello che resterà

Il popolo ticinese ha davanti mesi spaventosi che finiranno in una bolgia infernale
Bruno Costantini
02.12.2023 06:00

Asia è arrivata tutta soddisfatta al porto comunale con la sua bici elettrica rosa e al collo una collana di cipolle e aglio, quasi una roba da hippy vintage. Lunedì è infatti stata allo Zibelemärit di Berna con un gruppetto di influencer e dai selfie e dai video che ha postato sembrerebbe si sia divertita a far finta di essere una neoletta deputata federale alla scoperta della capitale e dei suoi intrighi politici. Tornata sul battellino ha lasciato un tanfo intenso che ha tuttavia reso felici gli amici incontrati al molo di Caprino ai quali, con la scusa di testare le proprietà di un presunto rimedio della medicina popolare contro l’influenza, è venuta l’idea di farsi dare delle cipolle da mangiare la sera crude bevendo un litrozzo di Barbera fatto col mulo. Quelli sono matti, ha sussurrato con disgusto radical-chic la mia amica microinfluencer del lago e content creator, pur ammettendo che la ricetta popolare si presterebbe per una «viral story». Non solo, potrebbe anche essere il rimedio per affrontare i mesi spaventosi che il popolo ticinese ha davanti.

Forse perché già presi dalle menate del Natale, non tutti, Asia compresa, si rendono conto dell’incombente calamità propiziata dal tempismo di «quelli su a Bellinzona». O il sonno profondo o il risveglio scellerato. Probabilmente mai nella storia politica cantonale s’è verificata una congiuntura astrale tanto nefasta che ci farà piovere sulla testa una serie di bombe a grappolo: battaglia fiscale con i Comuni incavolati, nuovi ripensamenti sulle imposte di circolazione, giro di vite sulla spesa pubblica che scontenta anche i favorevoli per come sono stati pensati i tagli, risanamento doloroso della cassa pensioni statale, dipendenti pubblici in piazza col forcone, cittadini inferociti per la decurtazione di talune prestazioni, ricorsi al Tribunale federale, votazioni popolari inevitabili in una bolgia infernale dove nessuno capirà più una beata mazza e facile sarà spararsi sui piedi. In questa situazione da rifugio antiatomico ci saranno anche i cannoneggiamenti della campagna per le elezioni comunali, con il babau dell’«avantismo» fucsia temuto in particolare a Lugano e il ritorno folcloristico del «nocismo» a Bellinzona, incontro tra la monarchia del Rabadan e quella della Lingera di Roveredo.

Tra questo mese di dicembre e la prima metà del prossimo anno in Ticino potrà dunque succedere di tutto, ma, come dicono gli ottimisti, soprattutto il peggio. E il famoso ceto medio? S’attacchi al Barbera e alle cipolle, tanto resterà sempre cornuto e mazziato, nella gioiosa attesa che il PLR dello Spez stellato, nel suo intento di tornare «a farsi capire» (però!), riscopra con serenità e ottimismo la via smarrita dell’interclassismo. Con questo lume di speranza pensavo di mascherare i disastri imminenti e di non rovinare le feste ad Asia, la quale, invece, è rimasta gelida e pensierosa giocando nervosamente con la sua collana di cipolle e aglio e interrogandosi su ciò che resterà del Ticino. Senza volerlo mi ha risolto il problema del regalo di Natale. Sotto l’albero le farò trovare il libro fotografico realizzato un paio d’anni fa da Chiara Zocchetti intitolato «Quel che resta». La fotografa del CdT detesta essere inviata a scattare immagini ai politici, è più forte di lei; in compenso ha una predilezione per i luoghi abbandonati, la decadenza e la distruzione. Quel che resta, appunto. Più delle cause preferisce gli effetti.

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