Pensieri di libertà

Rappresentare e partecipare

È bene che il popolo influenzi il processo decisionale oltre il voto
Francesca Rigotti
Francesca Rigotti
02.02.2023 06:00

La democrazia come forma teorica di governo continua a godere di prestigio e approvazione da parte della gente. Tuttavia molti sono insoddisfatti della sua pratica, e la fiducia nel processo politico continua a scendere un po’ ovunque. Pochi cittadini pensano che i politici eletti siano lì a fare gli interessi delle persone. Questo venir meno della fiducia si manifesta in una ridotta partecipazione alle elezioni e in una forte contrazione del tesseramento ai partiti politici, nonché in una diffusa sensazione di impotenza a intervenire nelle scelte politiche che indirizzano le nostre vite. Siamo di fronte a una crisi della rappresentanza.

Ora, benché alcune decisioni possano essere affidate direttamente a referendum popolari, come accade in Svizzera, la rappresentanza rimane il principio fondamentale della democrazia moderna e la forma di governo più adeguata per società di crescente pluralismo e individualismo e decrescente omogeneità. E qual è la condizione per il successo della democrazia rappresentativa se non la presa in considerazione, da parte dei politici eletti, dei desideri e dei bisogni dei cittadini, in maniera tale che questi non si sentano ridotti alla condizione di meri votanti, una volta ogni tot anni, con conseguente senso di scollamento e di distanza dai loro rappresentanti?

Insomma ciò di cui si avverte la mancanza è il fatto che i politici eletti diano risposte alle richieste dei cittadini tenendo conto delle loro esigenze, tanto più in un’epoca in cui la comunicazione è, in teoria, tremendamente facilitata dai nuovi media. Di certo l’eletto è responsabile in primo luogo davanti alla sua coscienza, cosa che lo autorizza anche a non seguire la linea del suo stesso partito se questa collide con il proprio sentire. Questo però non impedisce che i desideri dei rappresentati debbano riflettersi maggiormente nelle decisioni politiche dei rappresentanti e nei processi che ad esse conducono, anche se una rispondenza assoluta non è possibile: i problemi sono complessi, le preferenze contraddittorie, gli interessi contrastanti. Eppure c’è da chiedersi se basta oggi che il politico eletto dica di fare il pubblico interesse e di rispondere del bene delle persone senza tener conto anche della loro volontà oltre la votazione.

Il fatto è che garantire il voto popolare e il formarsi di una corretta rappresentanza è una condizione necessaria ma non sufficiente per avere una vera democrazia: se la sovranità appartiene al e viene dal popolo, come bene intuì Rousseau, è bene che il popolo influenzi il processo decisionale anche al di là del momento del voto, che possa esprimere approvazione, dissenso e critiche, chiedere trasparenza, prendere insomma parte attiva nella creazione delle circostanze della propria vita.