Riforma della previdenza professionale
La riforma della previdenza professionale che andrà in votazione popolare il 22.09.2024 è l’ennesimo tema di una politica che rincorre gli eventi anziché anticiparli e pianificare soluzioni adeguate. Che il pensionamento della generazione dei babyboomer avrebbe provocato un problema per quanto riguarda il finanziamento delle casse pensioni non è certo una sorpresa. Le statistiche demografiche parlavano chiaro già da tempo, ma la politica degli ultimi 20 anni ha preferito godere del passato anziché pianificare ed investire nel futuro.
Dato il ritardo nell’agire, il testo di legge in votazione il prossimo settembre può quindi essere considerato una buona proposta, pur lasciando un po’ di amaro in bocca poiché se si fosse agito prima le misure di compensazione che si andranno ad intraprendere avrebbero potuto essere inferiori e l’aliquota di conversione sarebbe probabilmente potuta rimanere a stessa.
La proposta di legge contempla modifiche necessarie e positive, quali:
- L'abbassamento del salario minimo assicurato da CHF 22'050.00 a CHF 19'845.00;
- L’adattamento della deduzione di coordinamento dagli attuali CHF 25'725.00, a una proporzionale pari al 20% del salario.
Sono altre le misure che lasciano qualche dubbio in più:
- misura compensativa per le generazioni tra il 1962 al 1977.
Giusta l’intenzione di compensare la generazione di transizione, essendo loro i più colpiti dall’intervento tardivo, concordo meno sul metodo che si intende adottare. La suddivisione delle generazioni in tre fasce di retribuzione, in base agli anni mancanti al pensionamento è una proposta interessante ed in linea con la transizione e le sue tempistiche. Mi convince meno la suddivisione delle generazioni per “avere di vecchiaia”. Ricordo al proposito che i principi su cui si basa la LPP sono capitalistici e non “solidali” come quelli su cui si basa l’AVS. Ritengo dunque ingiusto che coloro che hanno accumulato più avere di vecchiaia, che sono anche coloro che vedranno (in termini assoluti) le loro rendite diminuire maggiormente non vengano minimamente compensati. Sottolineo che anche se ci fosse la stessa compensazione per tutte le tre fasce di avere di vecchiaia (trattandosi di una remunerazione nominale e non proporzionale) coloro che hanno accumulato più avere di vecchiaia sarebbero comunque più penalizzati in termine proporzionale.
Il rischio è, dunque, che coloro che hanno accumulato averi di vecchiaia importanti, vedendosi diminuire notevolmente le rendite, decidano di prelevare tutti gli averi del secondo pilastro, svuotando così i fondi delle casse pensioni e creando un possibile ammanco di liquidità. Rischio da non sottovalutare! Era meglio prevedere delle misure compensative più eque, in una riforma che nel complesso è già (giustamente) molto improntata al miglioramento dell’assicurazione vecchiaia dei cittadini con i redditi più modesti.
- Il livellamento dei contributi tra i lavoratori più giovani e quelli più anziani. Misura corretta per facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro dei senior, ma non scordiamoci dei nostri giovani, che sempre più spesso, anche dopo aver frequentato l’università, faticano a trovare posto di lavoro.
Concludendo, la riforma fiscale in votazione il prossimo settembre non è perfetta, ma contiene molte misure valide e necessarie. L’augurio è quello che il sistema politico inizi ad utilizzare meglio gli indicatori a sua disposizione e inizi a guardare “oltre a domani”, a pianificare ed investire per non essere sempre costretti a rincorrere.