L'editoriale

Se i libri resistono persino al contrario

In questi giorni prenatalizi vedere le librerie gremite come i più vivaci mercati del pesce e scoprire i più popolari siti internet, specializzati guarda un po’ nello stesso genere di affari, cliccati compulsivamente, induce a considerazioni confortanti: il libro cartaceo resiste
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
22.12.2023 06:00

Una volta superato il più che legittimo fastidio immediato, in fondo è una confusione che scalda il cuore. In questi giorni prenatalizi vedere le librerie (nel senso di quei particolari negozi aperti al pubblico che si ostinano a fare commercio di curiosi oggetti costituiti da pagine di carta stampata rilegate in varie fogge e formati) gremite come i più vivaci mercati del pesce e scoprire i più popolari siti internet, specializzati guarda un po’ nello stesso genere di affari, cliccati compulsivamente, nemmeno mettessero all’asta l’ultimo biglietto disponibile per la finale di Coppa dei Campioni con conseguenti elefantiaci tempi di consegna postale, induce a considerazioni confortanti. Il libro cartaceo resiste. Eccome se resiste, quasi contrattacca (e lo scriviamo sottovoce solo per scaramanzia), con buona pace di tutti coloro che per un motivo o per l’altro speravano di liberarsene presto. Si tengano pure i loro Kindle e i loro Kobo o si provino a regalare un bel Tolino («ecco, quest’anno ti ho portato un Tolino» dalle nostre parti già per l’onomatopea non fa una gran figura…) chi ama, vuole, spera o cerca di leggere, a dispetto di qualsiasi ossessione digitale, sceglie ancora e sempre l’imbattibile tecnologia del libro di carta. Perché, come morì ripetendo Umberto Eco, «il libro è come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici o l’ombrello, una volta che li hai inventati semplicemente non puoi fare meglio».

Piaccia o meno, le nostre case continueranno dunque ancora a lungo a riempirsi di questi singolari parallelepipedi di carta (invero, provate a farci caso, pochi ambienti atterriscono più delle asettiche e gelide abitazioni senza libri) con implicazioni non secondarie anche sotto il profilo dell’arredamento, dello spazio fisico e dell’estetica. Ed è in quest’ambito insidioso che spuntano da qualche tempo nuove schiere di livorosi librofobi sotto forma di sedicenti «interior designer» (guai a non usare il global english ovviamente) che prendendo le mosse da Instagram (e ti pareva) propugnano la nuova irrinunciabile tendenza décor del «backwardsbooks»: ovvero del posizionare i libri… al contrario, mettendo cioè verso l’esterno (sic!) il lato delle pagine e nascondendo il dorso con i titoli. Ora, dato per acquisito che architetti e arredatori da sempre con la carta hanno un rapporto a dir poco conflittuale (e infatti dalle pubblicità di mobili e arredamenti «chic» i libri sono tassativamente banditi) è implicito che trasformare una biblioteca in un luogo trendy di «minimalismo ed equilibrio cromatico», grazie alle varie sfumature e tonalità dall’ocra al paglierino che la carta, ton sur ton, assume con il tempo, fa assurgere personaggi alla Briatore (con le miserabili e chilometriche teorie di volumi finti per impreziosire di cultura al polistirolo le scansie dei suoi prestigiosi salotti londinesi) all’erudito rango di un Athanasius Kircher. Così il tristo e perverso messaggio di fondo di una simile idiozia del capovolgimento postdigitale sottende, senza nemmeno vergognarsene un pochino, la convinzione che i libri siano inutili. Volete proprio riempirvi la casa di questo polveroso ciarpame? Fate pure, ma ricordatevi che spesso i dorsi dei libri possono creare un effetto visivo caotico: dimensioni e stili diversi delle copertine, eccesso di colori, tipografie non uniformi, editoriali dall’estetica completamente diversa. Per essere moderni, teneteli almeno al contrario. E non importa se in questo modo non li ritroverete più, tanto in realtà titoli e copertine non vi servono, quei libri non li leggerete mai e di certo, una volta armoniosamente piazzati, da lì non si sposteranno nei secoli dei secoli. Insomma, qualcosa a metà tra l’insulto ignorante e la provocazione snob che denota però la profonda disperazione dei modaioli odiatori della carta. Perché intanto, dopo più di cinquecento anni di onorato servizio, i libri se ne infischiano e resistono anche al contrario. Non fateceli girare troppo però.