L'editoriale

Se Mosca gioca la carta energetica

In un clima di crescenti scontri verbali, accompagnati da un impiego sempre più massiccio di armi sul terreno, che ormai colpiscono obiettivi anche al di fuori dell’Ucraina, la guerra in atto rischia di sfuggire di mano
Osvaldo Migotto
28.04.2022 06:00

Putin torna a giocare la carta del gas nel braccio di ferro in atto ormai da due mesi con i Paesi europei che sostengono in vario modo l’Ucraina, dopo l’aggressione lanciata dalle forze armate di Mosca contro l’ex Repubblica sovietica. Da ieri Gazprom ha sospeso la fornitura di gas, con sole poche ore di preavviso, a Polonia e Bulgaria. Già lo scorso marzo il Cremlino aveva cercato di punire i «Paesi ostili» che sostengono Kiev con forniture militari e colpendo Mosca con sanzioni economiche e finanziarie, esigendo, da inizio aprile, il pagamento del gas russo in rubli e non più in euro o dollari come stabilito dai contratti in vigore.

Di fronte al no deciso dei Paesi europei alla richiesta di Putin, il Cremlino aveva trovato una soluzione di ripiego per sostenere il valore del rublo sui mercati, chiedendo a Gazprom di convertire in rubli il pagamento del gas russo da parte dei cosiddetti «Paesi ostili». A un mese di distanza da quel primo tentativo, mercoledì Gazprom è tornata alla carica, annunciando l’interruzione delle forniture di gas alla Polonia e alla Bulgaria dopo che i Governi di Varsavia e Sofia si erano rifiutati di pagare le forniture in rubli. Non solo, ieri mattina la Tass, agenzia di stampa russa, ha annunciato la decisione dell’Austria di rompere il fronte europeo e pagare in rubli il gas a Mosca. Notizia poco più tardi seccamente smentita dallo stesso cancelliere austriaco Nehammer che ha parlato di «fake news della propaganda russa». Cosa si nasconde dietro la nuova mossa del Cremlino che apparentemente mira a dividere il fronte occidentale sul fronte delle forniture energetiche russe? Sono almeno due gli elementi da prendere in considerazione. L’annuncio di Mosca sul taglio del gas a Polonia e Bulgaria è arrivato poco dopo la conclusione del vertice straordinario tenutosi martedì nella base militare USA di Ramstein, in Germania, al quale hanno partecipato una quarantina di Paesi che formeranno «un gruppo di contatto mensile» per discutere man mano della strategia da adottare per sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa.

Tra le decisioni emerse al summit figura l’invio di armi pesanti a Kiev da parte della Germania. Non meno irritante, per Mosca, deve essere apparso l’annuncio di Washington di voler soprattutto indebolire la Russia, tramite la guerra in Ucraina, per evitare che Mosca in futuro possa aggredire altri Paesi. Un obiettivo, quello annunciato dal Segretario di Stato USA Blinken, che è in chiaro contrasto con le mire di Putin di estendere l’aria di influenza di Mosca.

In un clima di crescenti scontri verbali, accompagnati da un impiego sempre più massiccio di armi sul terreno, che ormai colpiscono obiettivi anche al di fuori dell’Ucraina, la guerra in atto rischia di sfuggire di mano. L’unica trattativa che Putin accetta è quella basata sulle rivendicazioni territoriali di Mosca che se accettate da Kiev soffocherebbero l’economia ucraina togliendo al Paese il controllo di porti e risorse vitali. Dopo le brutalità di cui si è macchiato l’esercito russo, l’Europa è sempre più schierata con Kiev, ma continua a dipendere in modo sproporzionato dal gas russo. Un aspetto già rilevato al vertice G7 dei ministri dell’energia nel 2014, dopo l’invasione russa della Crimea. Ma da allora poco o nulla è stato fatto per ridurre tale dipendenza. Tra le mani di Putin resta dunque la carta energetica e non è detto che in uno scatto di follia autolesionista la possa giocare in modo più pesante. 

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