Lo spunto

Sostegno a tasso zero

Fino al 2010 il ceto medio poteva acquistare un'abitazione, negli ultimi anni invece l'accesso alla proprietà è diventato una chimera
Ivano Dandrea
Ivano Dandrea
24.06.2025 06:00

Negli scorsi giorni la Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha annunciato il ritorno alla politica del tasso d’interesse direttore pari a zero, non escludendo di tornare a tassi negativi se il franco svizzero dovesse di nuovo apprezzarsi con un’inflazione sostanzialmente a zero. «Un sostegno all’economia» le parole di Martin Schlegel, presidente della BNS. Molti osservatori si sono soffermati sugli effetti di questa politica monetaria. In modo unanime si evidenziano i benefici generati da un minor costo del denaro per imprese e famiglie, non da ultimo per il mercato immobiliare grazie a mutui che torneranno a essere molto attrattivi a lungo termine. Ma chi ne beneficerà veramente?

In Svizzera, solo il 36% delle economie domestiche vive in abitazioni di proprietà. Il tasso è in continua diminuzione, il più basso d’Europa. I motivi invocati per capire questa tendenza sono spesso legati ai prezzi troppo elevati di case e appartamenti, ormai inaccessibili per un’ampia fascia della popolazione. A questo si aggiunge anche il fatto che i giovani non hanno più l’ambizione e il desiderio di avere una casa in proprietà. Ma il vero motivo è legato alla concessione del finanziamento ipotecario.

Dagli anni ’70 fino all’inizio del 2010, una grande maggioranza del ceto medio aveva la possibilità di acquistare la propria abitazione. Le banche aiutavano ampie fasce della popolazione e finanziavano una buona parte del costo, a volte addirittura coprendo l’intero prezzo d’acquisto. Certo, vi era un rischio: i tassi di interesse superavano il 5%, ma sia gli acquirenti che le banche lo assumevano con una visione di lungo termine, tipica del mercato immobiliare. Questo ha permesso a molti di acquistare la loro prima abitazione in età relativamente giovane, beneficiando poi della continua crescita dei prezzi immobiliari.

Era un modello che funzionava molto bene: il ceto medio ne ha approfittato e le banche non hanno perso capitali sul mercato dei mutui per abitazioni primarie.

Negli ultimi anni la situazione è completamente cambiata. Paradossalmente dal 2015 in poi, proprio mentre i tassi d’interesse erano estremamente attrattivi, l’accesso alla proprietà è diventato una chimera per il ceto medio e in particolar modo per i giovani che, vista la loro età, difficilmente hanno salari adeguati e risparmi a disposizione. La ragione? Le rigide regolamentazioni imposte alle banche dall’autorità di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) con criteri sempre più severi per l’accesso ai mutui ipotecari. La conseguenza è che attualmente un’intera generazione è, suo malgrado, costretta a restare nel mercato dell’affitto. Non penso che l’obiettivo del legislatore svizzero sia stato quello di limitare l’accesso alla proprietà ma il risultato ottenuto, dati alla mano, sembrerebbe dimostrarlo.

Il mercato immobiliare svizzero è retto da due dinamiche contrastanti: da una parte la domanda di abitazioni, che è molto sostenuta grazie all’attrattività della Svizzera, e dall’altra dall’offerta di beni immobiliari che in questo momento, in tutta la Svizzera, non riesce a rispondere alle esigenze crescenti del mercato. Un mix che molti esperti immobiliari segnalano come chiaro indicatore di un nuovo aumento dei prezzi (affitti compresi) abbinato con un tasso di sfitto in decrescita. Una situazione a dir poco paradossale.

Stupisce inoltre che proprio ora, con i tassi di interesse ai minimi storici e una popolazione in forte crescita, la FINMA abbia deciso di irrigidire ulteriormente i criteri. Nel suo comunicato del 22 maggio 2025, l’autorità afferma che «molte banche tendono a fissare criteri di sostenibilità poco severi». Se poi consideriamo anche le nuove regole di Basilea III, entrate in vigore in Svizzera il 1 gennaio 2025, e che limiteranno l’accesso ai finanziamenti per gli acquirenti di stabili a reddito, tutto fa pensare che questa fobia del rischio zero porterà la politica dell’alloggio in Svizzera verso forti tensioni di mercato. Se non si interviene, rischiamo di creare una crisi immobiliare che avrà ripercussioni su tutta la società.

È accettabile che il nostro ceto medio e i nostri giovani vengano gradualmente estromessi dal mercato abitativo in proprietà? La vera domanda è chi deve decidere le regole del mercato immobiliare e dell’alloggio in Svizzera, e quale visione vogliamo per il futuro del nostro paese: la politica o l’autorità di vigilanza?

La Svizzera ha bisogno di una politica abitativa propositiva, moderna e lungimirante, che non guardi solo al breve termine, ma che consideri le esigenze delle future generazioni. Il tutto in un contesto estremamente favorevole di mercato. Dobbiamo trovare un nuovo modello in grado di bilanciare la sostenibilità finanziaria con l’accesso al mercato immobiliare, con uno sguardo di fiducia verso il futuro del nostro paese. Anche le autorità di vigilanza e le banche potrebbero contribuire a dare una prospettiva positiva per i nostri giovani e sostenere maggiormente l’economia.