Il commento

Trump, la linea del rischio

Probabilmente il tycoon è convinto di far vincere gli USA su ogni fronte ma, ammesso e non concesso che ciò sia possibile, è lecito chiedersi quale senso avrebbero vittorie basate sull’umiliazione degli interlocutori, molti dei quali tra l’altro sono alleati e/o partner degli Stati Uniti
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
27.05.2025 06:00

Al presidente USA Trump piace accumulare rischi, lo si è capito. Rischi per l’economia globale, ma anche per gli Stati Uniti. Le partite economiche aperte sono numerose e per ciascuna di esse per ora si fatica a intravedere soluzioni ragionevoli per tutti. Probabilmente Trump è convinto di far vincere gli USA su ogni fronte ma, ammesso e non concesso che ciò sia possibile, è lecito chiedersi quale senso avrebbero vittorie basate sull’umiliazione degli interlocutori, molti dei quali tra l’altro sono alleati e/o partner degli Stati Uniti. Se la Cina è l’avversaria degli USA (ma anche con essa bisognerebbe saper negoziare in modo produttivo), certo questo non si può dire per il mondo occidentale, Europa e Svizzera incluse. Stati Uniti stravincitori ma più isolati in economia e in politica: non sarebbe un gran risultato.

Ciò detto, è utile ricordare almeno tre fra i fronti economici aperti: dazi, conti pubblici, tassi di interesse. Sui dazi ci sono continui cambiamenti delle posizioni del presidente USA, ma dentro questo caos rimane un filo conduttore ed è l’idea di Trump e del suo staff che occorra creare forti barriere all’import per diminuire il deficit commerciale americano (nelle merci, perché nei servizi gli USA in realtà hanno un surplus) e per contribuire a una sorta di reindustrializzazione forzata degli Stati Uniti. Abbiamo già avuto modo di affermare su queste colonne che si tratta di un errore, sia in linea di principio sia in linea pratica. Ma ci limitiamo qui a una considerazione di base: se le barriere USA imposte agli altri Paesi saranno alte (e gli interlocutori per forza di cose metteranno le loro), sarà alto anche il rischio di frenate per i commerci e per la crescita economica.

I conti pubblici americani da tempo non sono in ordine e la situazione sta peggiorando. Le tre maggiori agenzie di rating hanno tutte declassato il debito USA, che non ha più la famosa tripla A; nei giorni scorsi lo ha fatto Moody’s, negli anni passati lo avevano fatto S&P e Fitch. Secondo il Fondo monetario internazionale, il debito pubblico USA era al 108% del PIL nel 2019 e quest’anno sarà al 122%, con la prospettiva, in assenza di correttivi, di essere al 128% nel 2030. Anche altre Amministrazioni USA non hanno lavorato bene sul debito, ma Trump sembra voler procedere come se nemmeno fosse un problema. Le riduzioni fiscali che Trump ha in programma sono discusse, ma anche ammettendo che possano servire all’economia, volendo proprio farle dovrebbero essere almeno in parte compensate da tagli alle spese pubbliche, superiori a quelli sin qui annunciati da Musk e da altri collaboratori. Riducendo molto le entrate senza toccare se non marginalmente le uscite, deficit e debito pubblici crescono ancora, con il rischio di dover pagare ancor più interessi e di avere titoli di Stato americani in perdita di valore (qualche avvisaglia in questi mesi c’è già stata). Le cose andrebbero fatte in modo equilibrato.

Trump vuole tassi interesse e dollaro bassi. Sui tassi sta facendo pressione, per usare un eufemismo, sulla Federal Reserve, che secondo lui dovrebbe tagliarli, punto e basta dice. Tassi più contenuti dovrebbero servire a favorire la crescita economica e anche a tenere basso il dollaro, che quando scende in teoria aiuta l’export americano (in teoria perché il punto è controverso, ma qui teniamolo). Il fatto è che esistono anche i prezzi, una variabile importante. Il rischio, che è quasi una certezza, è che i prezzi salgano per via dei dazi all’import e anche per via del dollaro, che ora è già debole ma che lo diventerebbe di più, rendendo ancora più caro l’import degli USA. Risultato: un’inflazione più alta, che sarebbe di per sé già negativa ma che potrebbe oltretutto intrecciarsi con una crescita economica molto frenata. Se Trump riducesse la sua linea del rischio, in questo come in altri campi, sarebbe certamente meglio. Per gli USA e per tutti.

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