Ventisei Cantoni

Un ringhio di troppo

In Vallese per gestire il lupo si propone l'introduzione del «tiro di difesa»
Moreno Bernasconi
20.09.2022 06:00

Quest’estate, in Svizzera, un lupo si è avvicinato a un uomo, l’ha seguito e gli ha ringhiato dietro minacciosamente. È questa la notizia - cui fa riferimento esplicito il comunicato stampa del Consiglio federale del 31 agosto - che sta provocando una correzione di tiro (se mi è lecito usare l’espressione) della politica svizzera nei confronti del grande predatore.

Nel comunicato di fine agosto il Governo sdogana infatti la nozione di «tiro preventivo» al lupo dopo anni in cui Berna autorizzava a reagire solo a posteriori, permettendo soltanto ad agenti specializzati di colpire - rispettando mille cavilli - unicamente singoli e ben determinati capi. Fintanto che i branchi di lupi, benché viepiù numerosi, se la prendevano con agnelli e vitellini, il Governo non si era intenerito e aveva fatto l’indiano. Anzi il sordo agli appelli ripetuti e crescenti di pastori esasperati e avviliti di fronte ad attacchi ai greggi nei confronti dei quali erano - per legge - totalmente impotenti.

Ma quel ringhio rivolto all’uomo è stato il ringhio di troppo. Anche le organizzazioni di protezione della natura sono ormai imbarazzate e si mostrano giocoforza più concilianti. Poiché i fatti sono testardi. Il quadro della situazione in Svizzera (e in generale sull’Arco alpino) è infatti mutato rispetto a un paio di decenni fa quando è stata decretata la protezione della specie su scala europea. Oggi sulle Alpi si stima siano presenti almeno 300 branchi di lupi, che crescono in numero e - in assenza di reazioni di contenimento decise - crescono anche in aggressività. Il lupo, anziché cacciare selvaggina nei boschi e sulle alture, si avvicina sempre più alle zone abitate. Visto che non ci sono altri predatori che predano il lupo, tocca all’uomo il triste compito di fare ciò che le favole antiche (serbatoio di saggio realismo) narrano: ovvero frenare le mire naturalmente predatorie del lupo facendogli la pelle.

Il Vallese la settimana scorsa ha fatto un passo ulteriore in questa direzione. Il Parlamento cantonale ha votato a grande maggioranza un postulato che introduce i cosiddetti «tiri di difesa» da parte dei pastori e dei guardacaccia, una misura già autorizzata in Francia. Il postulato vallesano denuncia il fatto che «non esiste a tutt’oggi nessuna possibilità di reagire quando un branco di lupi attacca un gregge. È inaccettabile che per proteggere gli alpi vengano spesi un sacco di soldi in barriere e non si possa reagire sparando al lupo quando è incombente o in corso una razzia in un ovile». Visto che l’Amministrazione federale ha recentemente respinto la richiesta del Vallese di abbattere un numero più elevato di lupi durante i prossimi sei mesi, il Parlamento vallesano ha replicato proponendo l’introduzione anche in Svizzera del «tiro di difesa».

Come reagirà Berna? Intanto ha già cambiato la narrazione del problema: «In Svizzera le popolazioni di lupi sono in continuo aumento. Nel nostro Paese vivono ormai circa 180 lupi e 17 branchi. A causa della crescita degli effettivi, gli attacchi agli animali da reddito sono in aumento. Quest’estate si sono verificate anche situazioni di conflitto con l’uomo». Nel suo comunicato del 30 agosto il Consiglio federale sostiene quindi l’iniziativa della Commissione del Consiglio degli Stati che ha come obiettivo «la regolazione preventiva delle popolazioni di lupi in Svizzera per evitare danni agli animali da reddito e pericoli per l’uomo» (pericoli che fino a ieri venivano negati o bagatellati). Ciò «consentirebbe ai Cantoni di eliminare i lupi che diventano pericolosi per l’uomo». Il «tiro di difesa» sancirebbe un cambiamento di approccio a quello che è diventato un problema: svolta che viene auspicata da chi ritiene che di fronte all’attacco brutale di un lupo, di un Orso… o magari di un Dragone, non si può stare a guardare. Occorre difendersi risolutamente.