Il commento

Xi cerca di coprire la realtà

Poca sostanza dall’esito della teleconferenza svoltasi giovedì scorso tra il presidente USA Joe Biden e il suo omologo cinese – Centrale è stato ancora una volta il contenzioso su Taiwan
Gerardo Morina
Gerardo Morina
30.07.2022 06:00

Poca sostanza dall’esito della teleconferenza svoltasi giovedì scorso tra il presidente USA Joe Biden e il suo omologo cinese Xi Jinping. Le parole a distanza che i due leader si sono scambiati hanno avuto tutto il tempo di evaporare lungo l’etere rarefatto al di sopra di due oceani e del Deserto del Gobi. Ci vorrebbe ora ben altro, come un incontro faccia a faccia tra i due. Le diplomazie sono già al lavoro per trovare una data e un luogo e un’occasione potrebbe essere il 15-16 novembre con il vertice del G20 a Bali, in Indonesia.

Centrale nel recente colloquio è stato ancora una volta il contenzioso su Taiwan, l’ex isola di Formosa che riceve un supporto militare dagli Stati Uniti per difendersi, anche se la Cina la considera parte del suo territorio. Vero è che negli ultimi anni le provocazioni e le dimostrazioni di forza da parte di Pechino sono aumentate, quantunque sia difficile prevedere la possibilità di un attacco armato. Proprio Taiwan è però tornata di estrema attualità dopo il previsto viaggio a Taipei della speaker democratica della Camera dei Rappresentanti USA Nancy Pelosi. Viste le reazioni di Pechino, Biden potrebbe ripensarci, ma senza dubbio l’atteggiamento cinese è spropositato e presumibilmente dettato dal desiderio di aprire un fronte esterno per alleggerire la pressione su quello interno. Perché in questo momento Xi è un leader tutt’altro che tranquillo, proiettato a superare la boa del prossimo congresso in autunno del PC cinese, che dovrebbe consegnargli il suo terzo mandato. Xi si sente in patria sotto osservazione e qualsiasi cedimento nei confronti di Biden verrebbe avvertito come un’umiliazione. Il presidente ha a che fare con un’economia cinese in crisi, sofferente non solo per le contingenze internazionali ma soprattutto per la politica Zero COVID da lui imposta. Xi è inoltre consapevole della debolezza del sistema sanitario della Repubblica Popolare, con il rischio di veder crollare gli ospedali sotto la pressione dei ricoveri da coronavirus.

Per questo il presidente si ostina a confinare in casa decine di milioni di persone di fronte a poche decine di contagi, con la conseguenza di un’opinione pubblica cinese stremata e angosciata nonché del crollo di una stabilità sociale, che rimane notoriamente il principale obiettivo del Partito-Stato. Di qui, dunque, il sospetto degli osservatori internazionali che le questioni interne servano al presidente cinese per distrarre i concittadini e i compagni di partito dalla dura realtà nazionale.

La teleconferenza Xi-Biden è servita inoltre a quest’ultimo per sondare la posizione di Pechino riguardo alla guerra in Ucraina e ai rapporti con il presidente russo Vladimir Putin. Il quale è alla ricerca di un idillio politico con Xi, pur senza esserne ricambiato. Ne risulta una posizione ambigua che dimostra da una parte la discesa in campo di Pechino a favore di Mosca e contro la NATO e dall’altra un’accentuata cautela nel timore di eventuali sanzioni da parte degli Stati Uniti e di un’ulteriore crisi nei rapporti con Washington, che Pechino si guarda bene dal recidere.

L’economia della Repubblica Popolare rimane infatti fortemente legata a quella americana. Ecco perché la Cina tenta di resistere alle avance di Mosca, volendo preservare prima di tutto se stessa. Ciò spiega perché da una parte Pechino continui nel solco di una sinergia retorica con Mosca in funzione anti-americana, non cessando nel contempo di fare affari con la Russia, diventata a tutti gli effetti primo fornitore di petrolio dell’ex Celeste Impero. Scopo fondamentale della Cina è allora di approfittare della vulnerabilità del Cremlino per fare della Russia di Putin un partner di minoranza, mantenendo però gli occhi altrove, ovvero guardando alla necessità di svolgere comunque e sempre la parte del leone.