Amministrazione

A Berna dilaga la "consulentite"

L'organico della Confederazione continua a gonfiarsi, eppure ci si affida sempre più spesso a consulenti esterni
Andrea Stern
Andrea Stern
13.11.2022 07:00

L’Amministrazione federale ha quasi 38.000 dipendenti - tendenza in crescita - ma poi quando deve prendere una decisione ricorre sempre più spesso a consulenti esterni. «Si ha l’impressione che gli uffici federali abbiano paura a esporsi, che preferiscano affidare ad altri la responsabilità della scelta», osserva Samuel Rutz, vicedirettore di Avenir Suisse, già capo economista alla Commissione della concorrenza.

Le cifre parlano chiaro. L’anno scorso la Confederazione ha speso 709 milioni di franchi -in «consulenze e prestazioni di servizio esterne». Un nuovo record solo in parte giustificato dalla pandemia da COVID-19.

«È una tendenza criticabile - osserva Paolo Pamini, economista - ma la si riscontra ovunque. Anche nell’economia privata. Molte aziende si affidano ai consulenti esterni per sentirsi dire che devono fare dei licenziamenti. Nulla che non sapessero già prima. Ma in questo modo i manager delegano su qualcun altro il peso delle decisioni».

Una soluzione che torna utile in ogni caso. «Se poi col tempo la decisione si rivelerà sbagliata - aggiunge Rutz -, i burocrati o i manager si laveranno le mani sostenendo di aver semplicemente seguito le indicazioni degli esperti. Se invece la decisione si rivelerà giusta, allora siamo certi che si prenderanno tutti i meriti».

Gli uffici più spendaccioni

L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) è quello che più di tutti si è affidato alle consulenze esterne, per la «preparazione di progetti politici» e per il «sostegno nell’esecuzione della legislazione da parte dei cantoni», come viene spiegato nel Consuntivo 2021. In totale l’UFAM ha speso 30,8 milioni di franchi in consulenze esterne, 1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente.

Al secondo posto c’è l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), le cui spese in consulenze sono lievitate da 7,3 a 19,3 milioni di franchi a causa della pandemia. Questo aumento di 12 milioni è quindi attribuibile alla gestione del COVID-19. Ma tutta la parte restante (50 milioni) è invece da ricondurre a questo fenomeno che l’avvocato Tito Tettamanti definisce la «consulentite».

«In singoli casi sono vantaggiose»

Un fenomeno inevitabile, secondo il Consiglio federale, che già nel 2017 si trovò a dover difendere le consulenze esterne dall’attacco del consigliere nazionale Leo Müller (Centro/LU), che chiedeva di limitarle.

«Il Consiglio federale persegue il principio secondo cui l’Amministrazione federale debba di regola adempiere i suoi compiti avvalendosi del proprio personale - spiegò allora il governo -. È tuttavia possibile scostarsi da tale principio. In singoli casi è ragionevole ed economicamente vantaggioso ricorrere per un breve periodo a conoscenze esterne e acquisirle sul mercato, ad esempio quando si tratta di far fronte a sovraccarichi di lavoro o quando le conoscenze specialistiche non sono disponibili all’interno».

Il pubblico cresce più del privato

Eppure non è che allo Stato manchi il personale, tutt’altro. Alla fine dell’anno scorso la sola Amministrazione federale presentava un organico di 37 .972 posti a tempo pieno, circa tremila in più rispetto a cinque anni prima (erano 34.914 nel 2016). Nell’arco di undici anni - ha calcolato l’Università di Lucerna - la spesa complessiva per i dipendenti pubblici in Svizzera è aumentata di 11,3 miliardi, con una crescita più marcata nell’Amministrazione federale (+2,8% annuo) rispetto ai Cantoni (+2,4%) e ai Comuni (+1,6%).

Oltretutto i dipendenti della Confederazione sono pure pagati bene, visto che possono vantare un salario mediano annuo di 117.176 franchi (dati del 2019) rispetto agli 88.596 franchi nell’economia privata.

Una differenza che i ricercatori dell’Università di Lucerna spiegano con un maggior tasso di accademizzazione tra i dipendenti pubblici, cui vengono molto spesso richieste competenze specifiche in un determinato ramo.

Proprio per questo viene da chiedersi come mai la Confederazione abbia bisogno di andare a cercare ulteriori competenze all’esterno. «Tante volte si richiedono consulenze solo per farsi confermare la propria idea - conclude Pamini -. Magari non portano nulla di più. Ma è molto più facile far passare un messaggio se è sostenuto dal parere di qualche autorevole esperto».