Detto tra noi

Assurde ostentazioni ferragostiane

Una disamina di mezza estate sull'inutilità del mostrarsi diversi da ciò che si è.
Mauro Rossi
18.08.2023 06:00

L’estate sta finendo cantava con buon successo un amico una quarantina di anni fa. E in effetti, benché le temperature siano ancora molto calde e le serate lunghe (anche se le ore di luce si stanno riducendo a vista d’occhio...) la bella stagione è ormai giunta al suo atto conclusivo. A certificarlo non solo il fatto che tra una decina di giorni riapriranno le scuole segnando l’inizio dell’autunno se non astronomicamente dal lato pratico, ma anche l’avvenuta celebrazione di quello che, soprattutto nelle regioni mediterranee, è il suo culmine. Mi riferisco al Ferragosto, una delle rare nonché la più antica festività laica esistente (la Feriae Augusti fu istituita dall’imperatore Augusto nel 18 a.C., dunque ben prima dell’avvento del Cristianesimo e delle ritualità attorno alle quali ha plasmato il nostro calendario, spesso «religiosizzando» antiche ricorrenze) che da sempre è vissuta come un ultimo grande sussulto vacanziero prima del rientro alla normalità. Un momento che è sinonimo di lunghi esodi verso località di mare e di montagna alla ricerca o di caldo o di refrigerio, di spiagge affollate, di gite e escursioni, di grandi abbuffate in compagnia, di traffico caotico e, soprattutto negli ultimi anni, di grande ostentazione. Che avviene soprattutto in quei luoghi e spazi che normalmente sono appannaggio dei cosiddetti VIP (i quali, ovviamente, in questo periodo, preferiscono oasi di maggior discrezione) e che invece, in questi giorni, vengono presi d’assalto dalla cosiddetta gente comune. Le cronache mondane riportate dai giornali degli ultimi due giorni a proposito del Ferragosto parlano infatti di «località cult affollatissime», nelle quali è tutto uno sfoggiare di «falsi Rolex e auto di grossa cilindrata prese a noleggio», dove una piadina o uno Spritz hanno il costo di un pranzo di sei portate in un normale ristorante (e se una piadina o un toast ve lo fate tagliare in due, attendetevi un supplemento di costo) ma nei quali la coda per potersi accomodare – e poi magari indignarsi pubblicamente, ma sempre con un sottile velo di compiacimento, di essere stati spennati – è interminabile. E poco importa che il costo di queste bravate si ripercuota pesantemente sul bilancio familiare magari per alcuni mesi: in un’epoca in cui l’apparire è, per molte persone, più importante dell’essere, poter testimoniare sui propri profili social di essere stati protagonisti di determinate situazioni, non ha prezzo. Anche a costo di suscitare un velo di profonda amarezza. Perché se l’ostentazione della ricchezza è estremamente volgare, il mettere in mostra ciò che non si ha è invece decisamente triste e anche un po’ patetico. 

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