Detto tra noi

La formula del dialogo coi boomer

Favorire la comunicazione intergenerazionale è possibile, basta volerla.
Dimitri Loringett
02.09.2022 09:17

«Ok, boomer» è un’espressione che ho scoperto di recente, e per fortuna non ne ero il destinatario. E spero di non esserlo mai, anche perché è praticamente un insulto. Consultando la buona Wikipedia leggo che si tratta di «un modo di dire usato da adolescenti e giovani adulti per respingere o deridere gli atteggiamenti tipicamente associati alle persone nate nei due decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, note come boomer». Bene, stiamo parlando quindi della questione dell’incomunicabilità fra generazioni. Niente di nuovo, quindi: alzi la mano chi non ha mai litigato nella fase adolescenziale (o in quella adulta) con i propri genitori. E allora, perché parlarne? Perché la comunicazione fra le persone sta alla base di una società che funziona e che intende avanzare socio-economicamente. Se non si riesce a comunicare, tutto si ferma oppure, peggio ancora, ci si scontra. E quando sono le nazioni che non comunicano fra loro, be’, sappiamo come va a finire. Ma torniamo alla comunicazione intergenerazionale: esiste un modo per superare le incomprensioni? A mio parere sì, e lo si può fare se ci si ascolta reciprocamente e, soprattutto, se c’è rispetto. Rispetto, da una parte, per la persona matura e il suo vissuto, per quanto possa sembrare obsoleto e, dall’altra, rispetto per il più giovane con i suoi nuovi modi di pensare e vedere le cose, per quanto queste possano sembrare naïf o «sbagliate». Perché un’idea non può essere considerata sbagliata a priori, o perlomeno fintanto che non si sia dimostrata tale. E comunque, sbagliando s’impara – aggiungerei che è solo imparando dagli errori che si progredisce. Quindi, se tarpiamo le ali a chi, più giovane di noi, la pensa diversamente, rischiamo di compromettere il progresso e dunque la possibilità di risolvere le questioni. Ma vale anche il contrario: il boomer che dispensa giudizi frutto della propria esperienza andrebbe ascoltato e considerato da chi quella esperienza la deve ancora acquisire e costruire. Non è detto, infatti, che dal passato non si possano ancora trovare delle spiegazioni e delle soluzioni innovative per il presente. Semplice, vero? Parrebbe di no. Come abbiamo ormai capito, infatti, viviamo in un mondo caratterizzato dalla polarizzazione praticamente in ogni ambito, un fenomeno che non risparmia certo la comunicazione nella quale, anzi, le distanze fra interlocutori si allungano sempre più, col rischio di rendere impossibile qualsiasi tentativo di riconciliazione. Distanze che si sono allungate con la comunicazione digitale, che avrebbe dovuto consentire – così ci dicevano all’alba del nuovo Millennio – di avvicinarci, di «connetterci». E così, la «semplice» formula: ascolto + rispetto = comunicabilità diventa forse irrisolvibile, perfino banale qualcuno dirà. Eppure, se applicata con consapevolezza e maturità di spirito dovrebbe funzionare, ne sono convinto. Forse le serve un upgrade con un algoritmo? Chissà, magari un simile «svecchiamento» renderebbe la formula appetibile (e comprensibile?) ai post-boomer. E già sento che sta per arrivare il mio primo «Ok, boomer»…