Detto tra noi

La gioiosa essenza della Pasqua

La festa con la dimensione più «pura»
Mauro Rossi
15.04.2022 06:00

Lo confesso: tra le due grandi feste «comandate», Natale e Pasqua, quella che amo maggiormente è la seconda. Un po’ per questioni climatiche (non c’è storia tra le fredde e corte giornate di fine dicembre e quelle più miti e lunghe della stagione corrente) ma soprattutto per l’essenza stessa della celebrazione. Certo, da bambino ad attrarmi maggiormente era il Natale principalmente a causa del mistero che aleggiava attorno alla figura di Gesù Bambino (Babbo Natale non era ancora entrato nel nostro immaginario) che di notte depositava - chissà come - giocattoli e dolciumi sotto l’alberello. Poi, però, svanita quella magia è emerso il lato più commerciale e consumistico della ricorrenza che, non fosse stato per i miei figli nei quali rivedevo il mio entusiasmo infantile, mi avrebbe indotto ad archiviarla da tempo tra le cose inutili.

Per la Pasqua, invece, il discorso è diverso: essendo i suoi risvolti mercantili decisamente contenuti e limitati a qualche uovo/coniglietto di cioccolato e a dei dolciumi, la festa riesce infatti ancora oggi a conservare una sua dimensione più «pura», sia che la si analizzi sul fronte religioso (il Triduo pasquale è infatti il perno attorno al quale ruota l’intera religione cristiana, teologicamente e liturgicamente più importante di ogni altra ricorrenza) sia che la si consideri da un lato più laico-pagano, ossia ricollegandola a quegli antichi riti primaverili che indirettamente sopravvivono nella sua denominazione nordica (Ostern/Easter). La Pasqua è il momento in cui tornare a respirare a piani polmoni dopo il freddo e il buio della stagione invernale, è il trionfo della vita che riprende a scorrere dopo la grigia parentesi invernale, è la natura che si risveglia sfoderando i suoi abiti migliori, è la gioia di vivere e di condividere. Elementi fondamentali del nostro essere «umani» che però recentemente, terrorizzati da un nemico invisibile, abbiamo frettolosamente chiuso in un cassetto. La pandemia, per due anni, ha infatti trasformato la Pasqua in una semplice annotazione sul calendario privandola (per la prima volta in oltre mezzo millennio di storia, anche molto più cruenta, pericolosa e tragica della nostra) di tutti i suoi piccoli e grandi rituali che ora però è doveroso e necessario recuperare. Perché sono la base della nostra socialità, di quella mutua comprensione e compassione grazie alla quale, pur tra mille ostacoli ed errori, abbiamo costruito la nostra civiltà. Quella stessa civiltà che oggi più che mai sentiamo traballare sotto la spinta di quegli egoismi, di quelle vanità, di quella cinica e folle presunzione che ha tratto un inaspettato vigore proprio dall’accantonamento di questi valori. Ecco perché è necessario tornare a celebrare con gioia la Pasqua, religiosa o laica che sia: per recuperare quell’umanità di cui abbiamo più che mai necessità. Buona festa dunque a tutti.