Festival del cinema di nuovo a un bivio

Il Festival del cinema di Locarno è due anni più anziano di me. Con gli amici, scherzando, racconto che lo considero come un fratello maggiore, perché ne sento parlare da quando sono nato. I fondatori erano amici di mio nonno e mio padre è entrato nel comitato quando ero ancora piccolo.
Tanto che all’età di 5 o 6 anni ricordo di aver inaugurato una rassegna battendo un martelletto su un gong più grande di me. Ho sempre vissuto i dieci giorni della manifestazione come un momento magico. Da un paio d’anni a questa parte sono tornato a disertare le occasioni mondane per andare nelle sale e fare un’indigestione di cinema, come facevo da ragazzo. Considero questa opportunità come un viaggio estivo, che mi permette di spostarmi da una parte all’altra del globo alla scoperta, ahimé, soprattutto di drammi umani causati da guerre assurde, da manifestazioni di razzismo, da intolleranze religiose, dalla incapacità dell’essere umano di vivere in pace con gli altri e con sé stesso.
La nostra epoca ci confronta a profondi mutamenti e a preoccupanti incertezze. Ancora non sappiamo verso quale futuro tutto ciò ci porterà. Pure il cinema non sfugge a questi cambiamenti, che esigono risposte «globali», perché quelle locali o regionali non sono purtroppo più adeguate. In questi ultimi anni il consiglio di amministrazione della manifestazione, di cui faccio parte, si è insistentemente domandato quale fosse il futuro della rassegna. La riflessione ha coinciso con la decisione del presidente Marco Solari di cedere il timone. Ci siamo subito resi conto che era necessario un mutamento profondo, anche perché un altro Solari, che dedica la vita al Festival, non lo avremmo più trovato. D’altra parte eravamo pure consapevoli che le repliche sono sempre peggiori degli originali. Si è allora pensato di mettere mano agli statuti per creare una nuova organizzazione della manifestazione. Il nuovo Festival sarà gestito da un consiglio di amministrazione di 7 membri (e non più di 28) con conoscenze specifiche del settore. Sarà affiancato da due organi consultivi: uno composto da rappresentanti del territorio (sindaci, politici, autorità, ecc.) e un secondo da esponenti del mondo del cinema (proprietari di sale, produttori, ecc.). Per spiegare questa trasformazione si è parlato di «cambiamento di paradigma». Per essere più chiaro potrei fare un esempio. Durante i vent’anni di presidenza di mio padre la rassegna era stata gestita come un’azienda di famiglia. Un’azienda che aveva ormai raggiunto dimensioni tali da richiedere un’organizzazione più strutturata affidata poi alle competenze di Marco Solari.
A questo punto è necessario un nuovo balzo in avanti affinché l’azienda-festival possa essere meglio proiettata sul «mercato» internazionale. È questo il futuro che può garantire alla rassegna la nuova presidenza di Maya Hofmann, personalità del mondo culturale a livello globale. Questo significa che la manifestazione si scollerà dalla Città Ticino? Certamente no. Il nuovo management di direzione creato da Marco Solari rimarrà profondamente ancorato al nostro territorio, ma avrà come interlocutori una presidente con un profilo diverso da quello attuale e un consiglio di amministrazione più snello, composto da specialisti del settore. Un’organizzazione simile a quella di tutte le grandi aziende, la cui immagine pubblica corrisponde più a quella del management, che non a quella della presidenza.
L’altro giorno, durante una seduta di consiglio di amministrazione, un collega del mondo del cinema ha domandato: «Quando pensate ai festival di Venezia, Cannes o Berlino vi viene alla mente il nome del presidente o quello del direttore artistico?». Ci siamo resi conto che i nomi dei presidenti la maggior parte di noi non li conosceva neppure. Il cambiamento di paradigma consiste in questo: non ci sarà più la figura del presidente-direttore generale magistralmente interpretata per 23 anni da Marco Solari. I tempi cambiano e quella in atto è un’evoluzione naturale: coloro che non seguono e interpretano i mutamenti della società non hanno futuro.