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Il sole in tasca

Splendide e cariche di storia, le monete d’oro raccontano un’idea di investimento
Tommy Cappellini
Tommy Cappellini
06.05.2022 06:15

C’è oro e oro… Trovandoci nella Svizzera di Carl Gustav Jung potremmo avventurarci in elucubrazioni sull’alchimia e l’oro come metafora delle dinamiche psichiche («Aurum nostrum non est aurum vulgi...»). Invece, questa volta abbiamo deciso di parlare dell’oro nella sua forma più concreta di monete. Dei lingotti, pure essi solido bene rifugio (quand’anche un po’ meno versatili rispetto alle monete) parleremo in futuro. Né d’altronde toccheremo ora il tema dei titoli auriferi, interessante per chi ha un approccio all’oro più speculativo.

Il mondo delle monete d’oro si divide in due sfere, quella dei bullion e quella numismatica, ciascuna con proprie regole che è bene conoscere. I bullion sono l’oro da investimento sotto forma di monete di borsa: tra le più «gettonate» risultano le sterline auree inglesi e i Krugerrand sudafricani, ai quali si affiancano i Vreneli confederati, i Philharmoniker austriaci, i Maple Leaf canadesi e gli American Buffalo/Eagle statunitensi. Tutte ineccepibili sia dal punto di vista della purezza (il titolo giunge talora a 999,9/°°°, rendendo la moneta a prova di qualsiasi patina del tempo) sia della gradevolezza estetica; persino i nostalgici dell’Austria Felix potranno trovare una sponda nell’oro da investimento, la cui offerta include non di rado i riconi di monete storiche come le 100 corone del 1915, con l’effigie di Francesco Giuseppe intorno alla quale si dipana la lista dei suoi possedimenti, opportunamente abbreviata: Imp. Austr. Rex Boh. Gal. Ill. Etc. Et Ap. Rex Hung. La banca UBS contempla nella sua offerta anche monete d’oro da investimento: «La loro disponibilità in piccole pezzature le rende alquanto attrattive», commentano gli esperti di quell’istituto di credito, «inoltre c’è un aspetto storico. Le monete d’oro traggono fino ai giorni nostri vantaggio dalla loro natura di antico strumento di pagamento, estremamente consolidato».

Senza contare poi i notevoli vantaggi fiscali: «In Svizzera», conferma UBS, «le comuni monete d’oro da investimento sono esenti dall’Iva», come d’altronde avviene in molti altri Paesi. Se siete degli investitori di professione fate tuttavia attenzione alle plusvalenze, suscettibili di tassazione. L’altra metà del cielo dorato delle monete è costituita dagli esemplari numismatici, dove il valore collezionistico supera nettamente quello del metallo prezioso. Su questi l’Iva si paga. Il loro reperimento è più complesso rispetto ai bullion, trattandosi in questo caso di monete fuori corso, magari da millenni. «Le monete antiche in oro (e d’argento), soprattutto greche e romane, sono quelle più collezionate al mondo», spiega Filippo Bolaffi, ad dell’omonimo gruppo italiano giunto con lui alla quarta generazione e specializzato sia in filatelia sia in numismatica e oro da investimento, «negli ultimi anni hanno avuto una crescita importante anche tra i nuovi compratori – Cina, India, nuove ricchezze –, mentre le monete dell’Ottocento italiane, cantonali svizzere o degli Stati tedeschi hanno maggior successo a livello locale, in quanto raccontano bene la storia del proprio territorio».

Nonostante la notevole rarità degli esemplari provenienti dall’antichità classica, l’esborso è relativamente sostenibile: «Un aureo romano», spiega Bolaffi, «può valere da 4.500 a 600.000 franchi. Discorso analogo per un tetradramma greco. Non ci vogliono per forza grandi risorse per potersi avvicinare a una collezione di questo genere: si può portare avanti una buona raccolta di monete romane anche spendendo cifre a quattro zeri». Certo, i falsi ci sono e circolano parecchio, fenomeno che si evita tanto più quanto le monete sono dotate di documentazione: «Anche per via delle legislazioni sempre più stringenti», puntualizza Filippo Bolaffi, «è consigliabile comprare monete rare fornite del cosiddetto pedigree, ovvero di cui siano noti eventuali passaggi in asta nonché l’appartenenza a una collezione, la pubblicazione su un libro, ecc. Maggiore è il valore, più è probabile che di queste monete si abbia traccia della loro circolazione precedente». Abbiamo menzionato la parola «asta»: Bolaffi è infatti anche casa d’aste, come lo è (da secoli) la viennese Dorotheum, che ogni anno organizza sei vendite di monete da collezione. «Nell’acquisto delle monete da collezione», sostiene il Mag. Michael Beckers, esperto di monete di Dorotheum, «vanno considerati i seguenti criteri: autenticità, stato di conservazione, rarità, facilità di rivendita, possibilità di reclamo se la moneta reale diverge dalla sua descrizione». A proposito dell’autenticità, «gli attuali sistemi di certificazione», osserva Beckers, «consistenti nel sigillare le monete ritenute autentiche all’interno di contenitori in plastica trasparente – i cosiddetti slab – generano ulteriori difficoltà nel riconoscimento dei falsi. Se si apre lo slab decade infatti la garanzia dell’azienda certificatrice; se invece si lascia la moneta al suo interno non se ne può appurare il peso reale, né tantomeno intraprendere un’analisi di fluorescenza ai raggi X o scattare foto di qualità superiore». Riguardo alle fotografie, ormai da qualche tempo è diffusa la tendenza a immortalare le proprie monete e condividerle sul proprio profilo Instagram o altri social network, liberando così questi oggetti da collezione dall’ombra delle tasche d’album e dei cassettini di stipi e monetieri. Aprendole per così dire al gran mondo. Una moda, questa, che schiude anche gli orizzonti futuribili degli Nft: virtualizzazioni della moneta fisica, della quale conservano tuttavia l’unicità grazie all’impiego della tecnologia blockchain. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.