Ticino

Il caso Birolini e le demolizioni problematiche

L'azienda, ironia della sorte, potrebbe diventare la prima a ricevere un ordine di demolizione per abusi edilizi – E a dover aggiungere alle collinette le proprie stesse macerie
© CdT/Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
27.11.2022 14:15

Il via vai è continuo. Le macerie vanno e vengono ma soprattutto vengono: si accumulano in collinette che negli anni sono diventate così alte da sovrastare i camion. L’incubo dell’ufficio tecnico di Muzzano si chiama Birolini SA: tra le aziende di demolizioni ticinesi (una decina in tutto) è una delle più attive. Forse troppo. Potrebbe diventare la prima a ricevere - ironia della sorte - un ordine di demolizione per abusi edilizi. E a dover aggiungere alle collinette le proprie stesse macerie.

Il deposito di inerti in via Ai Molini, a due passi dall’aeroporto e dai campeggi sul Ceresio, è l’altra faccia del fervore edilizio ticinese. La faccia impolverata e brutta, almeno a giudizio dei vicini di casa - autori di svariate opposizioni - e del Comune che ha deciso di correre a rimedi estremi: all’ennesima domanda di costruzione «in sanatoria» presentata dall’azienda, l’esecutivo - che parla senza mezzi termini di «sfrontata illegalità» - ha risposto con un divieto d’uso del sedime. Il passo precedente a un ordine di «ripristino della situazione originaria», che potrebbe scattare se il Tribunale federale - presso cui la ditta ha nel frattempo presentato ricorso - dovesse dare ragione al Municipio.

Negata una licenza su dieci

«Ripristinare» è il verbo più temuto nel vocabolario burocratico dell’edilizia: raramente viene utilizzato e ancor meno messo in pratica. In Ticino su circa 4 mila domande di costruzione presentate ogni anno - in buona parte in sanatoria - sono meno di un decimo quelle con esito negativo. Nel 2021 le domande sono salite a 4.988, i rifiuti sono stati 387. E gli ordini di demolizione da parte delle autorità pubbliche sono ancora più rari: il Dipartimento del territorio ne ha emessi 75 nel 2021,47 l’anno prima e 48 quello prima ancora.

Pochini, considerato il totale delle procedure e dei cantieri. Ma ancor di meno vengono attuati. Sono 540 gli ordini di demolizione tuttora pendenti in Ticino, per altrettanti manufatti e costruzioni abusive. Il compito di applicarli spetterebbe ai Comuni, ma spesso le pratiche si trascinano per decenni.

15 anni di abusi

Il caso di Muzzano è emblematico. L’azienda aperta 21 anni fa nell’area industriale ha dato filo da torcere al Municipio fin dal 2007, quando viene negata una prima licenza per realizzare un deposito di terre vegetali. Il deposito (abusivo) è stato costruito lo stesso - nonostante il TRAM abbia confermato la decisione municipale - e ad esso se ne sono aggiunti altri, sempre senza licenza, nel 2014 e 2015. Quest’anno l’ultima domanda di costruzione, per un centro di riciclaggio di inerti e un impianto di riciclo del calcestruzzo. «In quindici anni di provvedimenti non siamo riusciti a ripristinare il rispetto del piano regolatore» spiega la sindaca Verena Hochstrasser, che ha ereditato il dossier da tre Esecutivi precedenti. «Tutti gli ultimi sindaci di Muzzano si sono scontrati con questo problema. Senza riuscire a risolverlo. È frustrante».

Gli Esecutivi sono cambiati, le collinette di detriti sono ancora lì. Più numerose e vistose di prima. Perché le demolizioni «riparatorie» sono rare, è vero, ma quelle richieste dall’edilizia privata al contrario abbondano e crescono assieme al mercato immobiliare e alle collinette di via Ai Molini. «Al momento i depositi sono diventati oltre una decina, l’attività si è ingrandita nonostante due sentenze del tribunale amministrativo abbiano confermato che nella zona in questione l’attività crea troppo disturbo ed è vietata, come da piano regolatore» prosegue Hochstrasser.

Il Cantone è il padrone di casa

In attesa di una decisione del Tribunale Federale - Hochstrasser aspetta «ormai da un anno e mezzo» - il Municipio invoca l’intervento del Cantone, in quanto proprietario di due dei quattro mappali sui cui sorge la discarica (gli altri due sono della Fondazione Lucchini). «Il fatto che la proprietà di questi terreni sia anche cantonale e che l’ente pubblico tolleri tutto questo ci lascia molto perplessi» conclude la sindaca. Contattati, gli uffici del Demanio e delle Domande di costruzione non si pronunciano sul caso specifico: il secondo ha però espresso preavviso favorevole all’ultima domanda di ampliamento presentata dall’affittuario «scomodo». Nonostante il progetto sia in netto contrasto - il Municipio ne è convinto - con la destinazione dell’area, che prevede attività «artigianali e di industria non molesta». Il padrone di casa è il Dipartimento del territorio, che però non commenta «essendoci un procedimento giudiziario in corso».

Un punto fermo arriverà - si spera - dai giudici di Mon Repos. Intanto, il 10 novembre il Municipio di Muzzano ha prospettato al Consiglio comunale una richiesta di autorizzazione per continuare le azioni legali. E in via Ai Molini le macerie continuano ad accumularsi.