Il Nielsen ticinese

Douglas Meyer sorride indicando l’adesivo con la bandiera svizzera, sul retro della moto. «Non mi stanco mai di ripeterlo: raga, sono svizzero. Sulle prime la gente non mi crede». Di qui l’adesivo. Come molti ticinesi trapiantati a Milano, Meyer si trova spesso a spiegare che in Svizzera si parla anche italiano, che c’è un cantone chiamato Ticino - «molti pensano che sia in Italia» - e che sì, è cresciuto lì, da piccolo. In una bellissima villa sul lago a Morcote. Anni dorati, fantastici, ammantati di una magia perduta.
Il Ticino visto da questo ragazzone di 30 anni con camicia hawaiiana e fisico statuario non ha niente a che vedere con le fabbriche momò, i negozi di Grancia, le bellezze e bruttezze del presente che lo accolgono a Lugano Sud. È un luogo quasi mitologico, che non esiste più: anche se con la sua moto dai Navigli ci arriva in quaranta minuti, per fare lunghe passeggiate nei sentieri dell’infanzia sul monte Brè. È qui che la sua famiglia è stata unita, qui forse Meyer è stato felice come non mai.
Brigitte e Morcote
«Non ho mai capito bene perché ci siamo finiti. Credo per stare lontano dai riflettori». È uno dei vantaggi che il Ticino ha ancora oggi, per i VIP della vicina Penisola. Nessuno ti riconosce, «e se ti riconoscono non ti disturbano». Persino le star di Hollywood potrebbero girare indisturbate a fare la spesa, ed è quello che la famiglia di Meyer ha potuto sperimentare a Morcote quando lui era piccolo, dal 1994 al 2005. «Nessuno ci ha mai importunati e lo stesso succede ancora oggi».
Meyer è il ritratto di sua madre. Brigitte Nielsen è alta un metro e 85, capelli biondi e occhi marroni proprio come lui. Anche lei ha iniziato a lavorare come modella, prima di diventare una icona della tv degli anni ‘80. Dopo aver divorziato da Silvester Stallone e recitato in film come Rocky IV, Cobra, Yado (in quest’ultimo co-protagonista con Arnold Schwarzenegger) l’attrice danese era tornata in Italia e cercava un luogo tranquillo dove «appartarsi» con la nuova famiglia. «Un posto vicino a Milano con un po’ di privacy e tanto verde, dove poter fare una vita normale» riassume bene Douglas. «Morcote era un paradiso».
La famiglia allargata
Ma normale, nel senso bigotto della parola, la vita della famiglia allargata Nielsen non lo è mai stata. Douglas è il primo dei figli nati dal matrimonio con il pilota svizzero di rally Raoul Meyer, il terzo considerando due unioni precedenti (con il musicista danese Kasper Winding e il campione di football americano Mark Gastineau). «Ho tre fratelli e una sorella da parte di madre, tre fratelli da parte di padre e uno in comune» spiega. «In totale siamo in otto. Lo so, è un po’ complicato».
Un naufrago in viaggio
Per tanti «figli di» la cosa più difficile è trovare la propria strada. Inizialmente Douglas ha seguito le orme materne: modello in Italia, ha partecipato al talent-show «L’isola dei famosi» nel 2019. In 79 giorni su un’isola sperduta nel mar dei Caraibi ha sperimentato la fame - «ci davano da mangiare una volta al giorno, credo verso le quattro di pomeriggio» - e la noia. La seconda «è stata decisamente la cosa peggiore» per uno abituato a sport estremi e alla movida milanese. «È stata un’esperienza tosta, ma bellissima. Alla fine non me ne volevo andare».
Tornato sul continente, l’ex naufrago si è preso una pausa da televisione e moda - «se mi capitano dei lavoretti non dico di no. Ma non è più la mia occupazione» - e si è dirottato su una passione, questa volta, del padre. Finito il matrimonio con Nielsen e la carriera da pilota (entrambi verso il 2005) quest’ultimo aveva avviato un’attività di distribuzione di alcolici tra Milano e il Ticino. «Ho passato l’adolescenza con lui e mio fratello minore (Raoul Jr) nei magazzini pieni di distillati che tuttora importiamo in Italia e Svizzera» racconta il 30.enne. Con la pandemia è venuto per Douglas il momento di fare qualcosa di suo. Fonda con il fratello un brand di gin (RD19) e inizia a distribuirlo nei locali. A marzo viene premiato a Londra al concorso annuale IWSC - l’Oscar degli alcolici - con il bronzo nella categoria distillati e gin.
California dreaming
«È stata una soddisfazione - commenta - anche se abbiamo ancora tanta strada da fare». La strada del ‘‘Nielsen ticinese’’ finora lo ha portato principalmente a fare avanti e indietro tra Milano e Los Angeles, dove vive la madre con cui è in ottimi rapporti. «Ci vado un paio di volte l’anno, una città fantastica, un altro mondo». Lo stile da ‘‘Beach Boy’’, le camicie colorate e il surf sono contaminazioni che il 30.enne ha riportato a casa - «questo weekend vado a fare wakeboard sul Lago Maggiore: surfi su una tavola trainata da un motoscafo» - assieme alla passione smisurata per lo skateboard. «Ci vado ogni giorno, è il mio mezzo di trasporto, un prolungamento di me» dice. Anche se non lo ha scoperto in America a dire il vero bensì in Ticino, da piccolissimo: «Il padrone del ristorante dove andavamo sempre a Morcote, con mia mamma, ne regalò uno a mio fratello» ricorda. «L’amore è nato lì».
Un po’ americano un po’ ticinese, Meyer è istruttore presso un’associazione di skater e dà lezioni ai bambini alla periferia del capoluogo lombardo. Non lo fa per soldi, dice, anche se di soldi a Milano «ne servono sempre, troppi» dice un po’ a malincuore. «Tra affitti e inflazione, sta diventando una città carissima dove per campare tutti sono costretti a correre e lavorare come pazzi». Anche i figli delle star. A questo punto forse tanto vale tornare in Ticino: Meyer a volte ci pensa e non esclude di farlo un giorno: «Credo sia un buon posto dove stare. Con una famiglia però, o in pensione. Chissà».