Svizzera

Il tramonto delle sigarette: un'industria che va in fumo

Cala il consumo di sigarette, chiude i battenti la storica fabbrica delle Parisienne: «Non ci aspettavamo una fine così brutale»
Andrea Stern
Andrea Stern
06.11.2022 09:30

Fondata nel 1814, la fabbrica di Boncourt dove vengono prodotte le sigarette Parisienne - la seconda marca più fumata in Svizzera - si appresta a chiudere i battenti. L’annuncio ufficiale dovrebbe essere dato in dicembre, dopo una fase di consultazione aperta settimana l’altra. «Da tempo sentivamo dire che la produzione era in calo, ma non ci aspettavamo una fine così brutale», afferma François Rossé, ex sindaco del comune giurassiano.

Il business del tabacco sta andando in fumo. Negli anni Novanta in Svizzera si vendevano oltre 15 miliardi di sigarette all’anno, all’inizio del millennio erano ancora 14 miliardi, l’anno scorso sono state 9 miliardi. Le campagne di prevenzione e l’avvento di alternative apparentemente meno nocive hanno assestato un duro colpo a un’industria che, per Boncourt, è stata una gallina dalle uova d’oro.

«Fino a un paio di decenni fa qui non studiava nessuno - ricorda Rossé -. Appena finita la scuola dell’obbligo tutti i ragazzi entravano alla fabbrica di sigarette e avevano la carriera assicurata fino alla pensione. Era il periodo d’oro. Qui la chiesa, la scuola, la palestra, la piscina, la casa anziani, tutto è stato costruito grazie alla generosità della famiglia Burrus».

In fuga da Napoleone

Fuggiti dall’Alsazia dopo che Napoleone aveva vietato ai privati di coltivare e vendere tabacco, i Burrus sono coloro che fondarono la fabbrica di sigarette a due passi dal confine con la Francia e la condussero per sei generazioni, fino al 1986, quando la vendettero al gruppo olandese Rothmans, poi confluito nella BritishAmerican Tobacco (BAT). Allora la fabbrica di Boncourt occupava ancora 550 collaboratori.Oggi sono circa 220, di cui la metà frontalieri. Tutti perderanno il posto di lavoro, salvo miracoli in fase di consultazione.

«Per il momento nessuna decisione è stata presa - precisa un portavoce del gruppo BAT -. La consultazione terrà conto di un certo numero di fattori, in particolare i costi di produzione locali, la capacità di produzione europea e il calo delle vendite di sigarette».

Non è nemmeno dato sapere, al momento, se il marchio Parisienne scomparirà. «È troppo presto per pronunciarsi sulle eventuali implicazioni per i singoli prodotti» aggiunge il portavoce di BAT.

A Boncourt invece tutti ritengono che sia troppo tardi. «Ormai il paese è morto - sentenzia André Goffinet, anch’egli ex sindaco nonché per oltre trent’anni contabile alla fabbrica di sigarette -. Abbiamo vissuto nel benessere per lungo tempo. Ora si tratta di reinventarci. Non sarà per nulla facile».

I 50 pacchetti gratis

Goffinet ricorda i tempi in cui i Burrus provvedevano a tutti i bisogni della comunità.E non solo ai bisogni. «Io come dipendente ricevevo ogni mese 50 pacchetti di sigarette, con l’impegno di distribuirne la metà a familiari e conoscenti - racconta -. Purtroppo però un giorno saltò fuori che alcuni dipendenti francesi andavano nei chioschi a scambiarli con pacchetti di altre marche. I Burrus si arrabbiarono molto e smisero di regalarci sigarette».

Non per questo la gente smise di fumare. «Io ho smesso dieci anni fa, all’età di 71 anni, su caloroso consiglio del mio cardiologo - ammette Goffinet -.Ma ogni tanto mi concedo ancora una sigarettina. E sinceramente intorno a me non mi sembra che il tabacco sia scomparso, anzi. I giovani della mia famiglia fumano quasi tutti e quando vado al bar o al ristorante vedo sempre qualcuno con la sigaretta».

Un paio di anni fa un reportage di Swissinfo aveva addirittura sostenuto che ne l canton Giura il divieto di fumo venisse applicato in maniera molto permissiva, ovvero che ci fossero esercizi pubblici dove si continuava tranquillamente a fumare come se la legge non fosse mai cambiata. Qualche avventore aveva confermato la tesi, precisando tuttavia che «anche i non fumatori sono benvenuti nel canton Giura». I nostri interlocutori invece preferiscono glissare sulla questione. «Non saprei - dice Goffinet -, ma so che la sigaretta con il caffè è un rito cui è difficile rinunciare».

Eppure BAT va a gonfie vele

In effetti, se è vero che la vendita di sigarette in Svizzera ha subito una forte contrazione, è anche vero che da parecchi anni la quota di fumatori si è stabilizzata attorno al 27% . A Boncourt si sospetta dunque che la decisione di BATdi chiudere lo stabilimento giurassiano sia più che altro dettata dalla volontà di aumentare i margini di guadagno spostando la produzione in altri Paesi europei con salari più bassi.

«C’è già un tipo di Parisienne che viene prodotto all’estero - osserva Lionel Maître, l’attuale sindaco di Boncourt -. Cercano di raggirare la clientela scrivendo Designed in Switzerland invece di Made in Switzerland».

Cose che fanno male al cuore, a Boncourt. «Questa non è un’impresa che chiude perché è in difficoltà - aggiunge Maître -. L’anno scorso il gruppo BATha registrato un utile di oltre 11 miliardi di sterline. Sappiamo per certo che anche le attività in Svizzera sono redditizie. L’unica spiegazione che riesco a darmi è che vogliano chiudere il nostro stabilimento per far piacere agli azionisti, per mostrare loro che stanno razionalizzando le attività».

Un duro colpo per il paesino di 1.200 abitanti, che ogni anno incassava circa 5 milioni di tasse dalla fabbrica di sigarette, secondo le cifre fornite dal sindaco Maître. «Abbiamo chiesto di poterli incontrare - spiega -, siamo pronti ad aiutarli se c’è qualcosa che possiamo fare per contribuire a farli restare qui. Ma i primi segnali non lasciano presagire nulla di buono».