Televisione

Eurovision Song Contest, All We Need Is Love

Da martedì 9 a sabato 13 maggio Liverpool ospita un Eurovision Song Contest alla ricerca di una normalità dopo un triennio difficile
Mauro Rossi
05.05.2023 11:30

Non garantisce – salvo qualche raro caso – vendite milionarie e neppure significativi passi in avanti nei ranking internazionali della musica. Eppure è un «must» della scena cosiddetta «leggera», soprattutto in virtù di un’audience che ha pochi eguali e che ne fa la trasmissione televisiva non sportiva più seguita al mondo. Parliamo dell’Eurovision Song Contest la cui 67. edizione è in programma da martedì 9 a sabato 13 maggio in una delle capitali della musica «popular», la britannica Liverpool, ossia laddove, più o meno nello stesso periodo in cui, nella nostra Lugano, un gruppo di emittenti facenti capo all’Eurovisione (l’organismo che favoriva l’interscambio di programmi del neonato mass media in un contesto continentale) decideva di creare un concorso canoro internazionale su modello del Festival di Sanremo, un gruppetto di giovanissimi, che si faceva chiamare The Quarrymen, gettava la basi per quella che da lì a poco sarebbe stata una delle maggiori rivoluzioni musicali della storia, i Beatles.

Non è tuttavia in virtù della storia musicale della città che l’Eurovision Song Contest è approdato a Liverpool, bensì per ragioni purtroppo più tragiche: la guerra in corso in Ucraina ha infatti impedito al martoriato Paese di ospitare il concorso, la cui organizzazione gli spettava di diritto dopo il successo, ottenuto lo scorso anno a Torino, della Kalush Orchestra con la canzone Stefania. Si è dunque ripiegato sulla città sulla Mersey, chiamata a ridare una normalità ad un evento che, nell’ultimo triennio, è stato tutto fuorché normale: lo stop a causa della pandemia nel 2020, un’edizione «ibrida» la stagione seguente ed infine quella segnata indelebilmente dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, hanno infatti gettato un’ombra cupa su un evento che, sin dalla sua creazione nella seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, ha sempre voluto rappresentare un elemento di unione, all’insegna della musica, in un continente troppo spesso oggetto di divisioni e frammentazioni.

Fenomeno mediatico

Toccherà dunque alla città di All You Need Is Love ridare all’Eurovision Song Contest quell’alone «friendly», disimpegnato e perché no, anche simpaticamente kitsch che nell’ultimo ventennio ha trasformato un evento che sembrava sul viale del tramonto in un fenomeno mediatico al quale guardano con una certa invidia e innumerevoli tentativi di imitazione (i «talent» di ogni genere e forma originano tutti da qui) le televisioni di ogni continente. Una definitiva ripartenza che ci si augura possa avvenire all’interno di una competizione il cui svolgimento non è cambiato di una virgola rispetto al passato: una quarantina di canzoni in gara, ciascuna in rappresentanza di un Paese che sceglie il proprio rappresentante secondo criteri quasi totalmente autonomi. Canzoni che si sfidano dapprima suddivise all’interno di due semifinali e poi, in caso di qualificazione, in un appassionato atto conclusivo in cui a decidere il vincitore saranno sia delle Giurie specializzate in ogni Paese, sia il televoto. Votazioni che sono sottoposte ad un unico vincolo: nessun Paese può infatti esprimere consensi a favore del proprio rappresentante in modo da impedire eccessi campanilistici e nazionalistici e favorire un approccio più artistico o di simpatia alle varie proposte.

Un colossale affare

Una formula dunque sostanzialmente semplice (anche se raccogliere e sommare in tempo reale dati provenienti da ogni dove è tutt’altro che una bazzecola…) che non preclude anche al più piccolo Paese una possibilità di vittoria. La quale se, come detto, non porta, salvo alcuni rari casi (l’ultimo esempio in tal senso sono stati gli italiani Maneskin, tre anni fa), clamorosi benefici alla carriera di chi la ottiene, rappresenta comunque una straordinaria vetrina e può tramutarsi in un colossale business per la nazione che la ottiene. Organizzare l’Eurovision Song Contest è infatti un affare colossale per l’intero sistema-Paese sia in termini turistici ma anche dal profilo commerciale e tecnologico, visto che la kermesse è diventata un luogo privilegiato dove sviluppare le innovazioni nel campo dell’entertainment audiovisivo: non è dunque un caso che Paesi che fino a qualche tempo fa si mostravano tiepidi nei confronti dell’evento (come l’Italia ma anche l’Inghilterra, la Francia e la Spagna) hanno iniziato ad investirvi risorse sempre più importanti.

Che però non sempre sono sufficienti a garantire il successo. Al quale quest’anno concorrono in trentasette Paesi, sei dei quali (l’Ucraina in quanto campione in carica più i cosiddetti «Big Five» – Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna) sono ammessi direttamente alla finale di sabato 13 maggio; i rimanenti, suddivisi in due gruppi, si giocheranno i 20 posti a disposizione in due semifinali in programma martedì 9 e giovedì 11 maggio nelle quali le Giurie dei vari Paesi saranno chiamate a votare le canzoni del proprio girone eccezion fatta per la propria. Del primo gruppo fanno parte la Svizzera (a Liverpool rappresentata dal giovane sangallese Remo Forrer con una ballata dal testo intriso di pacifismo, intitolata Watergun – pistola ad acqua), Serbia, Lettonia, Irlanda, Norvegia, Portogallo, Croazia, Malta, Svezia, Moldavia, Israele, Paesi Bassi, Finlandia, Azerbaigian e Repubblica Ceca. Il secondo è composto invece da Armenia, Cipro, Romania, Danimarca, Belgio, Islanda, Grecia, Estonia, Albania, Australia, Austria, Lituania, San Marino, Slovenia, Georgia e Polonia. Una curiosità: nella semifinale in cui è inserito il rappresentante elvetico, possono votare anche i rappresentanti di Germania, Italia e Francia: chissà che il frontalierato, anche in questo caso, non ci dia un piccolo aiuto…

Remo Forrer: un appello alla pace

Toccherà al ventiduenne sangallese Remo Forrer tenere alto il vessillo elvetico a Liverpool e cercare di consolidare il prestigio del nostro Paese all’interno di una competizione che nell’ultimo quinquennio l’ha vista entrare per ben due volte nella «top five» grazie a Lucas Hänni (quarto nel 2019 con She Got Me) e a Gjon Tears (terzo nel 2012 con Tout l’Univers). Cresciuto in una famiglia appassionata di musica popolare (genere che lui stesso ha frequentato parecchio suonando vari strumenti tra cui la fisarmonica) Remo Forrer si è messo in evidenza, aggiudicandosi l’edizione 2020 di The Voice of Switzerland e la scorsa estate il contest dell’emittente tedesca RTL Show us your voice: due concorsi nei quali, oltre ad una seria preparazione musicale, ha sfoggiato un’invidiabile duttilità vocale. La sua partecipazione all’Eurovision Song Contest e la canzone che interpreterà, Watergun (pistola ad acqua – ndr) sono state scelte da una Giuria internazionale composta da esperti coinvolti dalla SSR e da un gruppo di telespettatori nell’ambito di un processo selettivo durato vari mesi e che ha coinvolto oltre un centinaio di artisti e di autori. Watergun è un brano che in un periodo carico di tensioni e di conflitti quale quello che stiamo vivendo, veicola un messaggio importante, profondamente pacifista, di rifiuto della guerra. «Pur facendo del pop e quindi della musica di facile fruizione, ritengo che a livello di testi si debba sempre comunicare qualcosa», spiega al riguardo Forrer, «lanciare dei messaggi, stimolare l’attenzione soprattutto dei ragazzi che, sovente, sono in balia di una disinformazione veicolata principalmente dai social media che fa perdere di vista la reale dimensione delle cose».

Il concorso: l'inglese domina nei testi

È l’inglese la lingua dominante all’interno dell’edizione n. 67 dell’Eurovision Song Contest. E non solo in quanto si svolge in territorio britannico: delle 37 canzoni in gara ben 28 saranno cantante in questa lingua, sebbene in alcuni casi, mischiata con i vari idiomi nazionali. Uniche eccezioni a questo imperante – e anche eccessivamente omologativo, aggiungiamo noi – trend l’Italia (Marco Mengoni ha deciso di non internazionalizzare la Due vite con cui ha trionfato a Sanremo), Francia, Spagna, Portogallo, Croazia, Moldavia, Finlandia, Slovenia e Albania.

Ma ecco l’elenco completo dei partecipanti e il loro ordine di apparizione all’interno delle prime due serate.

Prima semifinale - Martedì 9 maggio
Alessandra
(Norvegia) - Queen of Kings
The Busker (Malta) - Dance (Our Own Party)
Luke Black (Serbia) - Samo mi se spava
Sudden Lights (Lettonia) - Aijā
Mimicat (Portogallo) - Ai coração
Wild Youth (Irlanda) - We Are One
Let 3 (Croazia) - Mama ŠČ!
Remo Forrer (Svizzera) - Watergun
Noa Kirel (Israele) - Unicorn
Pasha Parfeni (Moldavia) - Soarele și luna
Loreen (Svezia) - Tattoo
TuralTuranX (Azerbaigian) - Tell Me More
Vesna (Rep. Ceca) - My Sister’s Crown
Mia Nicolai and Dion Cooper (Paesi Bassi) - Burning Daylight
Käärijä (Finlandia) - Cha Cha Cha

Seconda semifinale - Giovedì 11 maggio
Reiley
(Danimarca) - Breaking My Heart
Brunette (Armenia) - Future Lover
Theodor Andrei (Romania) - D.G.T. (Off and On)
Alika (Estonia) - Bridges
Gustaph (Belgio) - Because of You
Andrew Lambrou (Cipro) - Break a Broken Heart
Diljá (Islanda) - Power
Victor Vernicos (Grecia) - What They Say
Blanka (Polonia) - Solo
Joker Out (Slovenbia) - Carpe Diem
Iru (Georgia) - Echo
Piqued Jacks (S. Marino) - Like an Animal
Teya and Salena (Austria) - Who the Hell Is Edgar?
Albina and Familja Kelmendi (Albania) - Duje
Monika Linkytė (Lituania) - Stay
Voyager (Australia) - Promise

Finale - Sabato 13 maggio
La Zarra
(Francia) - Évidemment
Lord of the Lost (Germania) - Blood & Glitter
Marco Mengoni (Italia) - Due vite
Blanca Paloma (Spagna) - Eaea
Tvorchi (Ucraina) - Heart of Steel
Mae Muller (Regno Unito) - I Wrote a Song

Ai sei qualificati d’ufficio si aggiungeranno i venti concorrenti usciti dalle due semifinali (10 per ciascuna serata).

Sia le semifinali che l’atto conclusivo della 67. edizione dell’Eurovision Song Contest verranno trasmessi in diretta dalla Radiotelevisione svizzera: le due semifinali su RSI LA2, la finalissima di sabato su RSI LA1.