Transizione energetica

Il futuro dell’energia in Ticino: verso la transizione ecologica

Status e prospettive di un settore fondamentale per la nostra società, alle soglie di un cambiamento epocale. Facciamo il punto della situazione.
L’energia idroelettrica è predominante nel contesto della produzione cantonale © CdT/Gabriele Putzu
Michele Castiglioni
07.03.2022 14:25

L’ultima volta che la società si è trovata di fronte ad un percorso così difficile e complesso da compiere è stato probabilmente con la rivoluzione industriale. E infatti è da allora che basiamo la produzione, il consumo, la mobilità, il trasporto su quello che la terra ha prodotto nel corso di milioni di anni: i combustibili fossili. Ma da allora abbiamo fatto molta strada e oggi ci troviamo, come risaputo, nella situazione di dover cambiare radicalmente il nostro rapporto con le fonti energetiche; questo per due grandi ragioni: anzitutto l’aspetto negativo dell’utilizzo dei carburanti fossili - l’inquinamento in tutte le sue forme, con il conseguente deterioramento dell’ecosistema del quale facciamo parte - ha raggiunto un punto di criticità inedito, a questo punto difficilmente ignorabile. Dall’altro le fonti fossili stanno diminuendo e, a meno di non devastare in modo irrecuperabile molte zone del mondo per estrarre le rimanenze più difficili da raggiungere tramite metodi estrattivi estremamente invasivi, dobbiamo abituarci all’idea che devono essere sostituite da qualcos’altro. Ovvero le rinnovabili.
Per fortuna queste sono attualmente ad un buon grado di sviluppo: si tratta, ovviamente della produzione di energia da fonti rinnovabili. Oggi possiamo dire che abbiamo fatto un balzo in avanti in senso generale perché dalla produzione «passiva» (da estrazione) siamo finalmente in grado di passare a quella «attiva», sfruttando la (pressoché) inesauribile presenza di vento, luce e acqua per ottenere energia senza sovraccaricare ulteriormente l’ambiente di agenti inquinanti. O no? La risposta è che, in effetti, rimangono pur sempre in sospeso diverse questioni fondamentali perché il mondo della produzione energetica cambi davvero volto. Innanzitutto va considerato il complesso problema della discontinuità della produzione da parte di eolico e solare (e in minor parte anche dell’idroelettrico), soggetti entrambi a elevate variabilità quotidiane e stagionali. A questo proposito la ricerca tecnologica sta facendo molti sforzi nello sviluppo di tecnologie di stoccaggio (e distribuzione) dell’energia sempre più efficienti, ma il cammino è ancora lungo. Un secondo aspetto problematico è quello dell’impatto ambientale anche delle tecnologie «verdi»: dall’estrazione di materie rare all’impatto degli impianti - si pensi all’eolico o alla costruzione di nuovi bacini idroelettrici - sul paesaggio, alla stessa quantità di spazio richiesto per l’installazione. Infine un ultimo punto critico è rappresentato dalla produzione nucleare: dopo decenni di demonizzazione dovuti ad oggettivi problemi intrinseci come la gestione delle scorie (e anche come conseguenza di alcuni celebri incidenti), recentemente l’energia ricavata dall’atomo è stata inclusa (insieme al gas) tra le fonti di energia «che contribuiscono alla riduzione dei cambiamenti climatici» da parte della Commissione Europea che le ha inserite nella «Taxonomy Regulation», la normativa che stabilisce quali attività economiche e fonti di energia possono essere definite «green». Scatenando un prevedibile putiferio. Sta di fatto, in ogni caso, che nonostante la Svizzera abbia ormai imboccato a furor di popolo la via della denuclearizzazione, l’atomo sia a tutt’oggi una delle fonti energetiche più importanti per il nostro paese, senza la quale in questo momento sarebbe impossibile avere un livello di consumo di elettricità pari a quello attuale.

La situazione ticinese

Ma qual è oggi la situazione nel nostro territorio riguardo al consumo e la produzione di elettricità? «Per quanto concerne il bilancio energetico globale (comprendente prodotti petroliferi e gas)» ci dice Sandro Pitozzi, Capoufficio nell’Ufficio dell’energia presso la Divisione delle risorse in seno al DFE «il Ticino è praticamente dipendente dalle importazioni». (A questo proposito gli ultimi dati relativi al Bilancio energetico 2020 sono pubblicati sul sito OASI del Cantone.) «Riguardo, invece, alla produzione elettrica cantonale» prosegue «in Ticino è essenzialmente di origine idroelettrica. Nel 2020 la produzione complessiva di energia elettrica si è attestata a 4.308 GWh così suddivisa: 94,5% di origine idroelettrica, 2,9% proveniente dall’impianto Cantonale di Termovalorizzazione dei Rifiuti (ICRT) di Giubiasco e 2,6% prodotta da impianti fotovoltaici. In coda una piccola nota per quanto riguarda l’eolico: c’è da segnalare che per la prima volta appare nella statistica anche la produzione del nuovo parco del San Gottardo, entrato in funzione negli ultimi mesi.» Tutto questo sembra poter coprire tranquillamente il fabbisogno annuale del Cantone che nel 2020 è risultato essere di 3.180 GWh. La produzione locale parrebbe quindi sufficiente a coprire la domanda, ma «una relazione diretta fra produzione locale e consumi non è possibile per diversi motivi: anzitutto si tratta di valori globali per un anno, che differiscono dalla produzione e dal consumo istantaneo. Siccome non è ancora possibile creare delle grandi riserve di elettricità, se non accumulando acqua nei bacini idroelettrici per produrre nei momenti di bisogno, produzione e fabbisogno non sempre combaciano. Inoltre, attualmente, e fino al termine delle concessioni in vigore per l’utilizzazione delle acque nei grandi impianti idroelettrici, più della metà della produzione nel nostro Cantone appartiene a partner d’oltralpe e non è pertanto destinata al Ticino. Infine, va ricordato che con la liberalizzazione parziale del mercato elettrico a livello federale, i consumatori finali liberi sul mercato (ossia quelli che consumano più di 100.000 kWh all’anno) possono approvvigionarsi dove vogliono». Attualmente, in ogni caso in Ticino la produzione deriva quasi interamente dall’idroelettrico, il quale rappresenta anche circa il 55-60% della produzione nazionale.

Le prospettive per gli anni a venire

Tra riduzione della CO2, rinuncia al nucleare e incremento costante della domanda (mobilità elettrica, fonti di riscaldamento alternative, tecnologia), «l’incremento della produzione sarà sempre più caratterizzato dallo sfruttamento del potenziale esistente per il fotovoltaico e dal potenziamento dell’idroelettrico, laddove possibile e sostenibile dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico», ci dice ancora Pitozzi. «Negli ultimi 6 anni tramite il Fondo per le energie rinnovabili (FER) sono stati investiti quasi 15 milioni di franchi per impianti da fonti rinnovabili e ne ha beneficiato in particolar modo il fotovoltaico. Inoltre, è in corso un aggiornamento del Piano Energetico Cantonale (PEC) che per il fotovoltaico dovrebbe prevedere degli obiettivi a lungo termine praticamente raddoppiati». D’altra parte, il Ticino, come regione di montagna è particolarmente adatto alla produzione idroelettrica, e per questo vede già la presenza di una trentina di impianti. Su questo aspetto le sfide future riguardano principalmente l’ampliamento dei bacini (per far fronte a futura maggiore richiesta ed a possibili carenze invernali) e l’ammodernamento degli impianti. «L’idroelettrico fa anche da batteria per le nuove energie rinnovabili ed in particolare per il fotovoltaico; inoltre valorizzare la produzione idroelettrica cantonale» dice «consente di mantenere competenze e valore aggiunto in Ticino (in particolare nelle zone periferiche». A tutto questo si aggiungono altre modalità di produzione potenzialmente molto interessanti per il territorio. «Non dobbiamo dimenticare» puntualizza Michele Fasciana, capoufficio dell’Ufficio dell’aria, del clima e delle energie rinnovabili del Dipartimento del territorio «che sulla transizione energetica pesano questioni non solo pratiche, ma anche di ordine etico: dove vanno a finire i soldi che paghiamo per i combustibili fossili? Spesso finanziano situazioni di conflitto o instabilità politiche e sociali di vario tipo». Quindi ben vengano iniziative volte a sviluppare settori a livello locale. «Un ottimo esempio» riprende «è il pellet. Oltre ad essere molto efficiente per il riscaldamento (spesso più di altre soluzioni) viene anche prodotto localmente. Anzi è in corso di sviluppo una vera e propria filiera ticinese ad esso legata, con prospettive future ottime in termini ecologici, logistici ed economici per il territorio e i suoi abitanti».

Affrontare il futuro energetico da privati cittadini

Ma, alla luce di quanto esposto riguardo al presente e futuro della situazione ticinese, quali consigli si potrebbero dare ai ticinesi in questo senso, allora? Più precisamente, visto il processo di transizione energetica e le prospettive future relative ai costi di produzione ed acquisto dell’energia come dovrebbero tendenzialmente comportarsi coloro i quali vogliono essere previdenti riguardo a impianti di riscaldamento e mobilità. Detto che oggi non è soltanto consigliato ma doveroso prendere in considerazione alternative ai fossili, in effetti sono molti gli ambiti nei quali è attualmente possibile operare una scelta che cada su impianti o veicoli basati su energia rinnovabile: quattro ruote, due ruote, impianti di riscaldamento, isolamento termico sono tutti ambiti che offrono opzioni valide e funzionali, soprattutto se combinate tra loro. E, fra l’altro, tutti godono di incentivi sia federali che cantonali. «Confederazione e Cantoni negli ultimi anni hanno elargito importanti incentivi, quindi è più che ragionevole prendere in considerazione queste opzioni nel momento del cambio di un veicolo o dell’impianto di riscaldamento» ci dice Luca Pampuri, responsabile del Settore Consulenza per l’Associazione TicinoEnergia; «a questo proposito, ad esempio nel caso di un nuovo impianto di riscaldamento, non vanno considerati solo i costi iniziali, ma va effettuato un bilancio sull’intero arco di vita dell’impianto stesso. La cosa importante» prosegue «è informarsi a fondo prima di agire». Questo vale anche per la mobilità che diventerà sempre più integrata sia a livello di trasporto pubblico che privato. Su questa Michele Fasciana puntualizza: «Va considerato che il discorso sulla mobilità non consiste solamente nella decisione di acquistare un veicolo elettrico o ibrido, ma anche nello sviluppo degli impianti privati di produzione energetica e approvvigionamento (per esempio per ricaricare le batterie dei vari veicoli) che rendono davvero conveniente ed ecologico potersi spostare utilizzando energia prodotta localmente, nelle singole abitazioni, senza utilizzare una rete pubblica». Con la conseguenza di pesare meno sulla produzione energetica cantonale. Quindi in futuro sarà imperativo da parte di Cantone e Confederazione continuare con gli incentivi non solo sui veicoli, ma anche sul costo degli impianti privati, in modo da poter costruire progressivamente un equilibrio tra consumi, produzione locale e regionale.
Anche perché i costi per la transizione energetica non sono propriamente bassi e per un’economia domestica media si tratta di un investimento da non sottovalutare. D’altronde stiamo anche già assistendo alla diminuzione de i costi, soprattutto di alcune soluzioni (per esempio per il fotovoltaico). «Quello che è certo» prosegue Fasciana «è che c’è un potenziale enorme di sviluppo a livello di impianti privati».
In conclusione, non ci sono dubbi sul fatto che a poco a poco tutti prenderemo parte alla transizione ecologica, a partire dalla mobilità che diventerà sempre più integrata sia a livello di trasporto pubblico che privato, e dalla produzione di elettricità domestica. Si tratterà solo di di vedere quanto tempo ci metteremo ad attuarla a un livello significativo, perché il tempo utile è sempre meno ed è sempre più prezioso.

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